Pasqua: riti e psicologia di una festa

Pasqua: riti e psicologia di una festa

Ci siamo, ecco una nuova festa in arrivo. Il 20 aprile festeggiamo la Pasqua con relativi riti: lo scambio delle uova, il pranzo pasquale, la scampagnata del Lunedì Santo. E quando il calendario non ci segnala feste ‘comandate’ (almeno secondo la religione cattolica o lo Stato italiano), siamo pronti ad inventarcele: San Valentino, la festa del papà, la festa della mamma e – di recente – anche la festa dei nonni.

C’è un fondamento psicologico al ‘rito’ della festa, dello stare insieme per divertirsi? Forse la risposta è già in quella ‘Piramide di Maslow’ (dal nome dello psicologo statunitense Abraham Maslow che la teorizzò a metà degli anni ’50) che metteva in evidenza i differenti livelli di necessità e bisogni dell’essere umano: un uomo – secondo Maslow – per sentirsi appagato ha bisogno anche di mostrare ad altri il proprio prestigio, la propria affermazione sociale e – in tal senso – dare una festa è un ottimo modo per dimostrare quel che si è in grado di fare. E poi il ‘festeggiare’ ci regala l’opportunità di essere creativi, di evadere dal quotidiano, di regalare benessere, felicità, piacere. Non avreste mai detto che dietro quello che a voi sembra solo un ‘normale desiderio di stare insieme’, si nascondesse un tale significato recondito? Ebbene anche la presenza dell’uovo di cioccolato – simbolo per eccellenza della Pasqua – non è casuale.

Esso è un simbolo di fertilità, purificazione e – nella sua rotondità – di completezza e perfezione. Per questo non riusciamo a farne a meno. E c’è qualcuno che si è anche divertito ad associare alle varie tipologia di cioccolato (al latte, con la sorpresa, extra-fondente) altrettante personalità. Eppure non tutti riescono a godere del bello di un giorno di festa quale la Pasqua.

Non sono poche le persone – già vittime di una depressione latente – che nei giorni di festa vedono aggravarsi la propria condizione psicologica: sono giorni in cui la famiglia è al centro dei festeggiamenti, ne è il perno, per cui chi non conosce questo tipo di legame o l’ha perduto, si sente tagliato fuori, isolato. Saper ‘stare in festa’, dunque, è un impegno a cui non solo non bisogna sottrarsi ma per il quale è necessario adoperarsi.

 

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