Panico ed euforia in Borsa: siamo i peggiori nemici di noi stessi

Poi arrivarono i primi sussulti sulla sostenibilità dell'andamento del mercato e le tensioni con la Grecia. L’indice tornò a 21.000 punti dopo lo storico voto “Oxi” greco, si parlò di collasso dell’Eurozona, del fallimento del progetto europeo, l’euro venne definito carta straccia, e venne detto chiaramente che le prospettive di un recupero stabile dell'area euro erano una pura illusione. Insomma, disperazione, depressione, panico.

Si arrivò ad un accordo con la Grecia: tornò il sollievo, la speranza, l'ottimismo. L’indice in nove sedute si ripresentò sui massimi di inizio anno, come se non fosse successo nulla.

Allora fu la Cina a far paura: svalutazione controllata dello Yuan. «Ma allora siamo rovinati, loro non crescono, non importeranno più nulla, hanno paura, forse sono in crisi, chissà se i dati sono veri, cosa ne sarà della nostra industria del lusso?».

Disperazione, depressione, infine panico: di nuovo giù a perdifiato verso i 20.500 punti.

Poi di nuovo repentino recupero, una fase di assestamento, e un dicembre che ha deluso tutti quelli che si attendevano il consueto “rally di Natale”.

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