ORDINE PSICOLOGI LOMBARDIA, IL RUOLO DELLA PSICOLOGIA … – Mi

Negli anni passati la tendenza da parte delle istituzioni è stata quella di investire principalmente sulla diffusione di informazioni in merito ai benefici di una sana ed equilibrata alimentazione, corretto ma non sufficiente a risolvere un problema che affonda le sue radici in aspetti profondi di natura sanitaria, sociale, culturale ed affettiva.

Già negli anni ‘80, era chiaro che insegnare alle persone a “mangiare in modo sano e corretto”, era completamente irrilevante per arginare il problema dell’obesità.

Quello che è emerso è la necessità di realizzare azioni concrete e strutturate di intervento sulla problematica, da lanciare e concretizzare grazie alla forza mediatica di Expo 2015. La conoscenza della questione alimentare deve passare attraverso il contributo delle professionalità, in primis quella psicologica, che sono indispensabili per comprendere, trovare soluzioni ed arginare il problema.

Secondo le stime del WHO 2008 più di 1.4 miliardi di adulti, da 20 anni in su, sono sovrappeso, di questi, più di 200 milioni di uomini e quasi 300 milioni di donne sono obesi, quindi, complessivamente, più del 10% della popolazione adulta del mondo è obesa. Secondo i dati raccolti nel 2010 dal sistema di sorveglianza Passi, in Italia il 32% degli adulti è sovrappeso, mentre l11% è obeso. In totale, oltre quattro adulti su dieci (42%) sono cioè in eccesso ponderale.  

Nel 2012, più di 40 milioni di bambini sotto I 5 anni erano sovrappeso o obesi.

I centri di regolazione della fame e sazietà, che risiedono nelle strutture cerebrali che coinvolgono l’amigdala e il sistema limbico sono gli stessi deputati alla regolazione delle emozioni.

Se da un lato l’organismo umano è stato allenato nel corso dell’evoluzione a resistere alla fame e alle carestie, è certamente meno preparato a fronteggiare l’abbondanza e la disponibilità di cibo. L’idolatria culturale della magrezza presente nella società occidentale attuale mette inevitabilmente in rapporto il mangiare con il Sé corporeo e con la cultura estetica socialmente dominante e ciò ha una ricaduta immediata sull’identità, sul valore personale e sul senso di adeguatezza. La bellezza è legata ad un corpo in forma e un corpo in forma è a sua volta legato all’alimentazione. In un momento storico in cui il cibo è sovrabbondante e l’alimentazione si è arricchita di grassi, assieme ad un costante invito “pubblicitario” ad eccedere nell’assumerlo, ecco che il corpo e il cibo divengono facilmente la sede per esprimere un disagio sociale e psicologico. La nutrizione quindi, accompagnandosi alle nostre esperienze relazionali e ai nostri vissuti più intimi, dalla nascita, con l’allattamento, sino alla vita adulta, rappresenta un momento centrale della nostra caratterizzazione psichica.

Lobesità ad esempio, può essere vista soltanto come la conseguenza, il marker estetico di un problema. Il contributo dello psicologo è invece in grado di far emergere e comprendere il nucleo del disagio e la sua natura storica e individuale e intervenire su questo a livello preventivo e/o terapeutico.

A partire da questa analisi nasce la proposta per la Carta di Milano: un legame inscindibile tra benessere psicologico e buona alimentazione; la necessità di un lavoro prospettico che parta dall’infanzia all’età adulta intervenendo nella scuola e nelle istituzioni per utilizzare la competenza psicologica nel trattare in una prospettiva evolutiva il comportamento alimentare; lo studio e il monitoraggio dello sviluppo dell’immagine corporea e delle preoccupazioni riguardanti la forma e il peso corporeo; l’importanza di identificare i disturbi alimentari già in età infantile.

Questo darebbe un grande contributo alla risoluzione di un problema complesso e profondamente psicologico che, se non arginato e compreso, assumerà aspetti ancor più drammatici di quelli attuali.

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