Obesità infantile: cosa fare? Ne parliamo con lo psicanalista

TERMOLI. È un dato certo ormai. In Molise i bambini sono interessati da un elevatissimo rischio obesità. Cosa può fare lo psicologo in questi  casi? Lo abbiamo chiesto allo psicanalista Nicola Malorni, ecco le sue risposte: “I dati diffusi dall’indagine “Okkio alla salute” evidenziano che le  abitudini alimentari e lo stile di vita di molti bambini molisani vanno rivisitati sia a livello familiare che comunitario. I servizi sanitari, il mondo della scuola, il welfare in primo luogo sono chiamati ad intervenire al più presto per scongiurare non solo il rischio obesità, che comporta gravi conseguenze sul piano della salute fisica; ma anche problematiche  psicologiche correlate all’obesità che investono l’area affettiva e relazionale. Gli psicologi hanno inoltre gli strumenti per intervenire efficacemente  nella prevenzione e credo che sia questo l’ambito di intervento più importante”.

La parola d’ordine sembra essere “prevenzione”, ma a quali livelli può essere utile uno psicologo?

“La Psicologia interviene non solo negli studi privati o nei servizi sanitari. La Psicologia può essere uno strumento al servizio della Comunità e delle Politiche Sanitarie e Sociali. I dati d’indagine pubblicati, ad esempio, evidenziano che i nostri bambini  non giocano più all’aperto mentre preferiscono passare pomeriggi interi a giocare in casa, seduti, con una tendenza a ipertrofizzare con i giochi elettronici le percezioni  visive e acustiche, tattili-manuali, la funzione del pensiero, a discapito di esperienze ludiche ( come quelle all’aperto o legate allo sport )che coinvolgono il corpo e la psiche in maniera integrata, e quindi anche la dimensione affettiva e relazionale. Le politiche locali dovrebbero rendere più attraenti gli spazi pubblici. L’ambiente esterno se è sano, bello, pulito, ricco di stimoli e opportunità “seduce” la psiche umana molto più che i giochi elettronici. Ma questo deve essere compreso dalla Politica altrimenti contribuirà inconsapevolemente ad elevare i risultati epidemiologici già pubblicati”.

Ruolo importante, in questo settore, assumono i genitori, ma cosa possono fare per correre ai ripari?

“I genitori vanno accompagnati nel loro percorso del “divenire genitori”. Pare che il 56 per cento delle madri intervistate che hanno bambini “poco attivi” ritengano che il proprio figlio faccia una adeguata attività fisica. Vi sono quindi aspetti psicologici legati alla percezione del rischio ma  vi è  anche una dimensione culturale. Qui la pediatria e la psicologia  possono intervenire efficacemente con un lavoro di squadra. Una sana abitudine alimentare è basata sopratutto sulla tolleranza del “limite”. Molte merendine e poca frutta e verdura da un punto di vista psicologico possono essere associate a senso di vuoto, intolleranza verso le frustrazioni, bisogno di annullare repentinamente la sofferenza legata alle frustrazioni facendo innalzare il livello glicemico e quindi la sensazione immediata di benessere. Questi aspetti psicologici interessano  anche i  genitori che dispensano merendine anche per  placare a volte la frustrazione legata alla fatica dell’essere genitori. Ecco vede, queste sono  le trame fittissime della psiche e del corpo che sia lo psicologo sia il pediatra devono saper riconoscere. Mi auguro che la proposta di Legge Di Laura Frattura – Lattanzio approdi presto ad una sua approvazione”.

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