Non ce la facevo a dire al mondo quanto soffrivo

Stefania Sinesi, psicologa

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Una ragazza, vittima di bullismo da parte dei compagni di classe, dopo aver
scritto loro messaggi mai consegnati, decide di non voler più rientrare in
quella classe, e la sua disperazione la porta a lasciarsi cadere nel vuoto, dal
davanzale della finestra di casa. Ha solo 12 anni. Ora è in ospedale.

Uno dei suoi messaggi riporta: "Avevo paura di urlare al mondo i miei
timori e così ho deciso di farla finita”. Dovrebbe farci riflettere il fatto
che nella scuola, frequentata dalla ragazza, fosse presente uno sportello
psicologico a cui, però, non si era mai rivolta o, meglio, non era mai riuscita
ad avere il coraggio di farlo.

Quante volte, forse, ci aveva pensato...Paura, vergogna, timore o imbarazzo?
Chissà.

Quello che sappiamo è che, nonostante avesse a portata di mano la
possibilità di chiedere aiuto, ha deciso di rinunciare a esprimere il proprio
disagio. Docenti e conoscenti sono ad interrogarsi su cosa sia potuto accadere,
dato che non aveva mai mostrato segni di sofferenza: nessuno aveva mai pensato
che potesse commettere un simile gesto.

In realtà, proprio i ragazzi da cui “non ce l’aspettiamo”, che "non hanno
mai mostrato disagio" e che "non si sono mai rivolti e non hanno mai
chiesto aiuto" sono quelli che, costretti ad indossare una maschera sempre
pronta a celare il loro disagio, sono i più inclini a commettere gesti autolesivi
estremi, pur di liberarsi della loro sofferenza.

Questo dovrebbe farci interrogare tutti sul perchè una ragazza che sta
male, pur avendo nella sua scuola la possibilità di chiedere aiuto, attraverso lo
sportello psicologico, non riesca ad abbattere le barriere a chiedere aiuto. Forse
per la paura di essere giudicata?

Piu' che colpevolizzare solo i bulli anch'essi, a loro modo, portatori di
sofferenza, riporre tutta la fiducia nelle future leggi contro il bullismo in
tutte le sue forme  o, ancora,
stupirci per il fatto che i ragazzi che compiono gesti così estremi non abbiano
mai mostrato segni di disagio dovremmo, forse, impegnarci di più a far
comprendere ai nostri ragazzi che si possono attraversare periodi di disagio ma
che è fondamentale parlarne per poter condividere la sofferenza senza temere di
chiedere aiuto e di essere giudicati e, chissà, cercare noi stessi di non
giudicare.

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