Non cantiamo quasi più, eppure fa tanto bene!

Con la consulenza di Filippo Massara, musicoterapeuta a Milano

 

Lo confermano vari studi fra cui quello pubblicato su Frontiers: intonare melodie cura disturbi dell’umore oltre a restituire corretta ritmicità alla respirazione e alla circolazione e a diminuire i livelli di cortisolo, ormone dello stress. I musicoterapeuti spiegano che accompagnare con la propria voce musica classica o semplicemente intonare una canzone che ci piace stimola i neuroni a lavorare con un sincronismo 5 volte maggiore rispetto al normale. Questo meccanismo mentale contribuisce ad attivare la produzione di endorfine, calmanti naturali, e a sollecitare libere associazioni gioiose: ricordi, esperienze, immagini meravigliose del passato. Non solo. Basterebbe intonare due note della canzone che ha accompagnato una nostra storia d’amore felice per ricreare, anche se in versione meno intensa e duratura, la scarica neurormonale che il nostro corpo aveva durante la serata dell’appuntamento. Con il recupero della memoria biochimica torna l’euforia d’amore. Non a caso corre voce che le rockstar godano di quella che viene definita nel gergo dei musicoterapeuti Sindrome paradisiaca, una sorta di felicità neurormonale che edulcora la realtà quando sono intenti a cantare. Ma non è unicamente la “canzone-ricordo” a produrre felicità. C’è anche quella divertissement che diverte, quella liberatoria che lascia affiorare il dolore represso.

 

Riduce l’ansia

Riprodurre ritmi e note diminuisce i livelli di noradrenalina e cortisolo, ormoni dello stress e favorisce la produzione di serotonina, l’ormone che riequilibra l’umore. Per questo in alcuni centri neurologici stanno introducendo il canto come antidoto all’ansia. Ma le canzoni si stanno rivelando sempre più come una forza dirompente che ci aiuta ad abbandonare inquietudini e paure che offuscano le nostre potenzialità. Facciamo un passo indietro: i neuroscienziati sostengono che il nostro corpo è governato da peptidi, e neurotrasmettittori incaricati di trasmettere informazioni dalla periferia al centro e dal centro alla periferia. I recettori di queste sostanze sono sparsi in tutto il corpo, ma in modo significativo negli organi di senso: tatto, vista, olfatto.. dove entrano le informazioni del mondo esterno. Quando siamo addolorate o inquiete i recettori “si spengono” e tendiamo così a chiuderci, a evitare contatti. Il canto, in questi casi, funziona come detonatore delle emozioni imprigionate perché permette ai recettori nervosi di tornare in forma e di restituirci sensibilità, capacità di rapportarci agli altri.

Leave a Reply