Nessun uomo è un’isola Tranne i manager IT

Confessiamolo: di fronte a certi genietti del computer, il sospetto che appartenessero a un genere umano a parte era già venuto a molti, ma ora ci sono anche studi psicologici che lo confermano. Distaccati, altezzosi, un po' saccenti: la dottoressa Billie Blair, forte di un dottorato in psicologia organizzativa e dirigente della società di consulenza Change Strategist, ritiene che i manager che hanno in carico la gestione dell'It, vale a dire del reparto tecnologico, assumono, insieme al loro personale, comportamenti anomali rispetto ai colleghi.

Si tratterebbe, secondo la Blair, di autentiche “regine”, poco disponibili a dare spiegazioni e poco inclini alle contaminazioni. Rispetto agli altri reparti, si sentono un mondo a sé, da difendere dagli attacchi dei “parassiti” esterni, secondo una definizione della stessa psicologa. In effetti, chi arriva a coprire quel ruolo ha dietro di sé un passato di tecnico, di qualcuno, cioè, che ha più a che fare con macchine che con persone. I manager, invece, con le persone devono averci a che fare, eccome.

“Tutti – spiega la Blair in una intervista a Computerworld Usa - scelgono la loro professione in base a interessi e inclinazioni naturali. Le persone in quelle posizioni si dice che fin dall'infanzia fossero dotate in tutte le cose tecniche, in cui si sentono a proprio agio. I lavori tecnici sono un impegno con le cose, piuttosto che con la gente”.

Fatto sta, l'impatto sull'organizzazione lavorativa non è dei migliori. I responsabili IT si considerano gli unici competenti e hanno un atteggiamento di distacco rispetto ai colleghi. Gli altri componenti delle aziende svilupperebbero, a loro volta, una sorta di ostilità e, nell'esperienza della psicologa, preferirebbero perlopiù tenersi alla larga dai tecnici.

“Sono considerati soggetti con cui è difficile andare d'accordo – spiega la Blair- e la frase che si sente ripetere più spesso è: 'difficile ottenere qualcosa in più', che significa, in genere, servizi”.

Il ruolo del manager IT, va detto a difesa della categoria, negli ultimi tempi è sottoposto a un fuoco di fila di richieste, spesso non supportate da una precisa conoscenza delle difficoltà che comportano. Ma, secondo la Blair, si potrebbero ridurre i danni se i tecnici si abbassassero a dare qualche spiegazione. L'atteggiamento che caratterizzerebbe i manager IT, invece, sarebbe quello di un regnante supremo: “tutto quello che dici è vangelo – spiega la psicologa -, e qualunque cosa tu dica deve essere fatto da chiunque, dai superiori come dai subordinati. Non ci sono molti ostacoli a ciò che si vuole fare e ci si aspetta di fare”.

Tutto questo, però, varrebbe per i quadri, non per i dirigenti di più alto livello. Quando si parla di Cio (Chief Information Officer), vale a dire il massimo livello dirigenziale del settore tecnologico, i profili cambiano. Per arrivare a occupare quelle poltrone, le persone devono avere imparato a collaborare e a relazionarsi, in primis con l'amministratore delegato, garante di quel posto al vertice.

“Le persone di C-level, - spiega la Blair - di solito sono stati, nella loro carriera, molto più di IT manager, e hanno appreso parecchio lungo la strada. Hanno imparato a gestire molto bene la gente e hanno capito come ascoltare e adattarsi a quello che sentono”.

In realtà, i difetti descritti non sembrano imputabili alla sola categoria degli informatici. Chiunque disponga di un'alta qualifica professionale e pensi di avere il pieno controllo del proprio settore (può valere anche per la finanza, la giurisprudenza, per non parlare della medicina) sente di accedere a un mondo esclusivo, che lo separa dal resto dell'umanità. Ma se medici e avvocati devono imparare a venire a patti con gli uomini, è forse più lungo il tirocinio di chi ha scelto di confrontarsi soprattutto con una tastiera, o, al massimo, con qualche pezzo hardware. I programmi, per quanto complessi, rispondono a regole e input precisi. Non così gli esseri umani. La tecnologia non è più un mondo a parte, ha invaso tutta la vita, non solamente produttiva, ma anche relazionale, affettiva, creativa. Gli informatici hanno acquisito così rispetto e valore sul mercato, ma, se il ritratto della dottoressa Blair è fedele, dovranno accettare il contagio con i poveri mortali...

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