Nasce la Cyberpsicologia, la scienza che aiuta i ‘malati digitali’

CyberpsicologiaSiamo nell’era iperconnessa, virtualmente globalizzata, dove il digitale è parte della quotidianità e possiamo definire la nuova generazione come quella dei “mobile born”. Ultimamente si sente spesso parlare dei “nativi digitali”, che sono i bambini che sin dalla loro nascita sono “costretti” a rapportarsi con la tecnologia avanzata di oggigiorno e che, dunque, smanettano con dimestichezza talbet e telefonini, seppur seduti sul seggiolone con tanto di pannolino. Alla generazione di “vecchio stampo” tutto ciò appare esageratamente virtuale, come un atto di allontanamento dal mondo reale e un eccessivo sprofondamento nella rete. Forse si cela un po’ di verità dietro questo pensiero, ma le ricerche scientifiche ci dimostrano che la digitalizzazione porta anche dei vantaggi ai mobile born: gli studi di imaging cerebrale mostrano che l’utilizzo di tablet e cellulari sin dai primi mesi di vita aiuta a sviluppare il cervello in modo del tutto peculiare, aiutando anche la velocizzazione di apprendimento. Stiamo parlando di una vera e propria nuova generazione, di una mutazione antropologica.

New generation che dunque, come ogni cosa, riserva i suoi vantaggi e svantaggi e, per indagare sui eventuali disagi e trovare modi efficienti di intervento sui futuri tecno liquidi uomini e donne, occorre una nuova scienza che la studi a trecentosessanta gradi. Nasce così una nuova psicologia: la Cyberpsicologia. Tonino Cantelmi, docente di psicologia dello sviluppo all’università Lumsa di Roma, illustra i motivi che hanno portato il suo ateneo ad attivare il primo corso italiano di Cyberpsicologia. «Ne usciranno i primi cento cyberspicologi. Il nostro mondo viaggia verso una colossale dipendenza dalla connessione: senza, infatti, molti di noi non sanno già più trovare un ristorante, corteggiare una donna, conoscere un amico, capire i mali del mondo, informarsi o divertirsi. E chiudere una storia d’amore».
«La dipendenza da Internet», continua l’esperto, «sta diventando anche un modo di vivere, dunque si colloca tra patologia e futura normalità. E come cambia il modo di esprimere il disagio psichico, ad esempio in chat e sui social, cambia anche il modo di curarlo. L’era digitale segna la fine di molte forme di psicoterapia antiche. Insomma, è in arrivo una vera e propria rivoluzione in tutti i settori».

Cantelmi conclude: «I mobile born, che oggi vanno all’asilo e alla materna, saranno futuri uomini e donne tecno liquidi che adotteranno schemi mentali e categorie di pensiero nuove. Lo stiamo già vedendo. E quello che sappiamo è che questi giovani troveranno normale il filtro della tecnologia. Allora perché gli studenti di psicologia non devono adattarsi, studiando la cyberpsicologia? Come è possibile ancora oggi studiare lo sviluppo del bambino, ma anche la sua salute e le patologie mentali, con categorie sorpassate, adatte alla realtà di cento anni fa?»

11 ottobre 2014

Sonia Carrera

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