Morelli: “Per rispettare il paesaggio dobbiamo prima considerarci …

“Il paesaggio nel sentire comune rimane ancora molto spesso un decoro e uno sfondo, una cartolina da riprendere con il teleobiettivo dall'angolatura giusta per poi mostrarla agli amici”. Ugo Morelli, professore di Psicologia del lavoro e dell'organizzazione e di Psicologia della creatività e dell'innovazione, da tempo conduce ricerche sul tema del paesaggio e del rapporto tra l'uomo e lo spazio che lo circonda. Una relazione in cui, spiega il docente, l'essere umano continua a vedersi come il soggetto dominante: “Abbiamo bisogno di convincerci che non siamo sopra le parti, e questo rappresenta una profonda ferita narcisistica per l'homo sapiens
”. Di questi aspetti Morelli parlerà anche nel suo intervento il 21 settembre a Bergamo, nella giornata conclusiva de “
I
Maestri del Paesaggio – International Meeting of the Landscape and Garden
”, che si apre domani nella città lombarda. Per due settimane, eventi itineranti, seminari, workshop, appuntamenti culturali e enogastronomici, mostre, aperitivi e concorsi offriranno numerosi spunti di riflessione sul paesaggio (tema di quest'anno è il verde come fonte di benessere). Molti gli ospiti prestigiosi: oltre a Morelli, saranno presenti noti paesaggisti, garden designer e architetti del paesaggio, come Stig L. Andresson, Fergus Garrett, Marco Bay, Pablo Georgieff, Mikyoung Kim, Luciano Giubbilei, Ulf Nordfjell. 

 

Professor Morelli, dietro al libro “Paesaggio lingua madre”, che ha curato insieme a Gianluca Cepollaro, ci sono ricerche svolte nelle scuole sul tema dell'educazione al paesaggio. Cos'è emerso?
 

Abbiamo svolto ricerche in scuole di ogni ordine e grado nell'area delle Dolomiti Unesco – Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia – a cui sta seguendo adesso un'estensione in Lombardia. Abbiamo osservato due cose: in primo luogo, il paesaggio nel sentire comune rimane ancora molto spesso un decoro e uno sfondo, una cartolina da riprendere con il teleobiettivo dall'angolatura giusta per poi mostrarla agli amici. Inoltre, abbiamo notato è la difficile disposizione della specie umana a cambiare idea su questi temi. Esistono tre sindromi nel rapporto dell'uomo con il paesaggio. La prima è quella che chiamo After you: “Inizia tu a rinunciare all'auto, poi lo farò anch'io”. La seconda è la Titanic Syndrome: “Perché devo smettere di godere di certe risorse naturali quando gli altri prima di me hanno fatto quello che hanno voluto?” Come diceva Groucho Marx: “Perché dovrei preoccuparmi dei posteri? Cosa hanno fatto loro per me?”. Infine, la terza può essere identificata con l'espressione The government must do it”, “ci deve pensare qualcun altro”: in Trentino Alto Adige abbiamo condotto un esperimento, consigliando ai 20.000 dipendenti delle due Province autonome di utilizzare le scale al posto degli ascensori. I sindacati però si sono opposti perché, dal loro punto di vista, avremmo creato discriminazioni. 

 

Il paesaggio, diceva prima, viene spesso considerato un mero decoro. Che ruolo gioca invece nella nostra esistenza?
 

Il paesaggio, come ho spiegato nel libro “Mente e paesaggio”, si lega sempre più con la vivibilità e si situa nel punto di connessione tra il mondo esterno e quello interno del soggetto, emerge dal principio di immaginazione. In “Paesaggio lingua madre” abbiamo verificato che, così come noi non possiamo non imparare la lingua madre grazie alla nostra predisposizione biologica ad appropriarci del linguaggio, allo stesso modo non possiamo non interiorizzare lo spazio della nostra vita traducendolo in paesaggio. Di conseguenza, se una persona vive in un quartiere di periferia a Bari o Genova, sarà quello lo spazio che interiorizza: in questo senso la qualità dei materiali interiorizzati diventa parte della qualità della sostanza della nostra vita. Di qui emerge chiaramente la responsabilità di un'educazione al paesaggio. 

 

Anche nella formazione di una coscienza del paesaggio, così come nell'apprendimento del linguaggio, sono essenziali i genitori e le persone che stanno vicine al bambino?
 

Non è il soggetto che attiva la relazione, è la relazione che fonda il soggetto. In quest'ottica, il contesto relazionale è il primo humus che può favorire la formazione di una coscienza del paesaggio. 

 

Qual è il primo passo in questo senso?
 

Abbiamo bisogno di convincerci che non siamo sopra le parti, e questo rappresenta una profonda ferita narcisistica per l'homo sapiens. L'uomo è apparso 6,8 milioni di anni fa, su un pianeta che ha 4,5 miliardi di storia: come possiamo pensare di dominare tutto? Aiutare il soggetto a riconoscere che l'uomo è parte del tutto fa parte dell'educazione primaria

 

Leggi la prima parte dell'intervista su Greenews.info

 



 

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