Milan, Berlusconi e la psicologia nel calcio

La visita di ieri del presidente Berlusconi in quel di Milanello è stata salutata come un evento storico più che trionfale. La crisi del Milan non ha lasciato indifferente il numero uno di Via Turati, sceso letteralmente in campo per dare una sferzata alla sua creatura. Mezzogiorno di fuoco per la famiglia rossonera. Approdato in elicottero subito dopo le ore 12, Berlusconi ha prima stretto la mano al tecnico Massimiliano Allegri, per poi lasciarsi coinvolgere dal gruppo, avendo un occhio di riguardo verso quella che lui stesso ha definito la sua ultima scommessa, Stephan El Shaarawy. Il discorso alla squadra è durato poco meno di dieci minuti, durante i quali il presidente ha voluto tirare fuori il meglio da ogni singolo calciatore. Il presidente ha infine pranzato con il tecnico.

LO PSICOLOGO – Berlusconi sarà davvero riuscito a stravolgere l’assetto mentale del Milan? La partita contro il Napoli, e sopratutto l’intensità che i rossoneri metteranno nel match di questa sera, daranno una risposta esaustiva. Di certo la psicologia nel calcio conta forse più di qualunque altra cosa. Non si è mai fuoriclasse se prima non lo si diventa dentro la testa. Calciatori che hanno la tecnica di Lionel Messi in Argentina ce ne sono miliardi. Molti di loro però si sognano la forza mentale del fuoriclasse blaugrana. E qui sta la vera differenza. Come tanti addetti ai lavori hanno già sottolineato, il Milan non può essere una squadra da zona retrocessione, anche se in estate sono venuti a mancare Thiago Silva e Ibrahimovic.
La parola psicologia ha iniziato a fare breccia per la prima volta nei corridoi di Milanello grazie a Mauro Tassotti, che ha preceduto in questo senso Massimiliano Allegri di qualche settimana. Tutti avevano capito che il grande problema del Milan non fosse la mancanza di qualità, quanto il deserto di autostima che albergava nelle teste dei giocatori. La situazione non è cambiata da quel match casalingo contro il Cagliari, quando arrivò la prima vittoria dei rossoneri a San Siro con Tassotti in panchina. Il club più titolato al mondo ha quindi deciso di giocarsi la sua ultima carta, Silvio Berlusconi.

silvio berlusconi | ©FILIPPO MONTEFORTE/AFP/GettyImages

IL LEADER – Quello che manca a questa squadra è un leader vero, dentro e fuori dal campo. Fin qui sono mancati entrambi. Berlusconi ora vuole ricoprire quel ruolo di cui si è volontariamente privato in tutti questi anni. L’ha ripetuto a più riprese durante la giornata di ieri, le prossime settimane diranno se fossero parole al vento o meno quelle di ieri. Berlusconi dovrà nuovamente essere un leader che sappia stare accanto ai propri giocatori e, contemporaneamente, torni ad investire fin dal mercato di gennaio (sono da leggersi in questo senso le aperture del presidente verso Balotelli).

LA LEZIONE – Immancabile poi l’entrata in tackle su Allegri per quanto riguarda alcune questioni tattiche. Berlusconi ha sentenziato di non voler più vedere la difesa a tre (Palermo, Malaga), di ritenere Montolivo un regista alla Pirlo e, in ultima analisi, di riconsiderare il vecchio 4-3-1-2, con Boateng mezzala destra. Questi i consigli paterni del presidente milanista riferiti ad Allegri durante il pranzo di ieri che ha sancito la conclusione della giornata rossonera di Berlusconi. Dalla psicologia alla lezione di tattica, il Milan avrà ritrovato il suo primo tifoso?

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