Ma tu chi sei? Impara a conoscere te stesso

Se qualcuno ti domandasse: “Ma tu chi sei?”, cosa risponderesti? Di certo, tu non sei il tuo nome. Non sei il tuo peso, la tua altezza, né il tuo corpo. Non sei il tuo lavoro, il tuo indirizzo, né il tuo conto in banca. Non sei la tua età, non sei le tue rughe né il tuo aspetto. Non sei i tuoi vestiti, la tua auto, né la tua casa. Non sei i tuoi genitori, né i tuoi figli, né i tuoi amici. E non sei neanche la tua mente o i tuoi pensieri. 

Che gli altri ti identifichino con questi tuoi aspetti (più o meno precari, futili, volubili e instabili), non è un tuo problema. Ciò che conta davvero è con chi o che cosa ti identifichi tu! 

Troppo spesso tendiamo a indentificarci - cioè a basare l’idea della nostra identità e a riconoscerci - in ciò che ci hanno indotto a credere di essere o avere. Chi di noi non si è mai sentito dire almeno una volta, soprattutto nell’infanzia, “Sei lento”, “Sei cattivo”, “Sei disordinato”, “Sei un bugiardo”, “Hai un pessimo carattere” ecc.? Purtroppo, però, la vera disgrazia non è il fatto che qualcuno ci abbia detto queste cose, ma l’averci creduto. 

Molti (soprattutto i genitori, ma anche gli amici, i colleghi, i cosiddetti “superiori” in ufficio etc.) sottovalutano l’importanza di ciò che viene detto dopo il verbo “essere”, non solo nei rapporti con gli altri, ma anche e soprattutto nei propri riguardi. Proprio questo verbo getta le basi su cui andremo a costruire l’idea della nostra identità, nonché l’idea che ci facciamo dell’identità altrui. Tuttavia, non di rado siamo noi stessi i primi a guardarci allo specchio e a riempirci di insulti e offese inutili e gratuite, credendo di “non essere abbastanza”, di “non essere all’altezza” ma di “essere sbagliati” o pieni di difetti. Ci soffermiamo sulle nostre mancanze e quasi godiamo nel vederle riflesse negli altri - che ovviamente diventano subito oggetto di scherno, critica e giudizio - forse perché, così facendo, ci sentiamo meno soli in questa “valle di lacrime” che noi stessi abbiamo creato e in cui sguazziamo.

Eppure in ciascuno di noi - nella nostra dimensione interiore - alberga la nostra parte più bella, la nostra vera essenza, quella scintilla, quell'energia minuscola in dimensioni ma non in forza né in potenza, che nulla ha a che vedere con ciò che c’è fuori. È quello il nostro vero "io" e non le etichette che qualcun altro ci ha attaccato addosso, con o senza il nostro consenso. Il punto è che nessuno ci ha mai insegnato a prestare attenzione a ciò che realmente merita tutta la nostra attenzione: la scoperta della nostra identità interiore. 

Non puoi rispondere a domande come: “Chi sono?”, “Cosa voglio?”, “Qual è il mio obiettivo?”, “Dove voglio andare?”, “E con chi?”, ... se prima non conosci te stesso, come suggerivano gli antichi saggi greci

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