Lo psicologo: così gli insegniamo a battere paure e avversari

Dietro Alex Zanardi, Annalisa Minetti, Assunta Legnante e gli altri straordinari protagonisti azzurri delle Paralimpiadi londinesi, c'è un lavoro lungo, paziente, infinito e un mondo in straordinaria espansione.

Antonio Sacco è psicologo clinico e di comunità, esperto in Psicologia dello Sport, cultore della materia presso la SUISM (Scuola Universitaria Interfacoltà di Scienze Motorie) di Torino. Ogni giorno, da anni, è a contatto con questa realtà fatta di entusiasmo puro.

"E soprattutto voglia di divertirsi, una straordinaria voglia di divertirsi". Come si trasforma la disabilità in un punto di forza? "Il nostro lavoro consiste soprattutto nell'inculcare nei ragazzi la differenza sottile ma fondamentale tra risultato e performance. Il loro atteggiamento non è dissimile da quello degli sportivi "normali".

Per loro però è fondamentale l'idea del migliorarsi, dell'ottenere dal proprio corpo risultati mai ottenuti prima. Il superare gli altri è un di più, spesso nemmeno considerato.

Alex, Annalisa, Assunta sono esempi splendidi di ragazzi che hanno saputo prima di tutto rimettersi in gioco, scrutarsi al proprio interno e scovare le forze". Eppure questi atleti hanno voglia di vincere, di battere gli avversari.

"L'agonismo è una cosa splendida, ma successiva, viene dal contatto con gli altri ed è affermazione della propria individualità, di un buon rapporto col proprio io, col proprio

corpo. In questo non ci sono assolutamente differenze con i normodotati. I valori sono identici, la gioia e la rabbia identiche.

Non hanno pressioni, questo è molto importante, e sanno vivere - e in questo il nostro lavoro insiste moltissimo - la sconfitta come un passaggio, come un'occasione". Quanto vale l'esempio, e che valore ha la Paralimpiade, la sua esposizione mediatica?

"È fondamentale. Vedere Zanardi in tv vincere l'oro nella handbike dà a tantissimi ragazzi la spinta a lanciarsi, a provare, a quantificare i propri limiti e cercare di superarli ".

Negli ultimi anni il movimento in Italia è molto cresciuto. "Sì, moltissimo, e sono decisive in questo le associazioni, le onlus, il terzo settore. Il volontariato è il perno intorno al quale ruota tutto il meccanismo, in Italia. Le risorse purtroppo sono scarse, e per il nostro mondo le spese naturalmente sono molto alte, tra attrezzature, mezzi, strumenti di lavoro".

È cambiato secondo lei l'atteggiamento della "gente" nei confronti del movimento paralimpico? "Vedere questi ragazzi sui giornali, vederne le grandi imprese è importante anche per la gente comune. Il nemico numero uno dei diversamente abili è il pietismo. Guardare loro come fenomeni è il modo per inserirli in un altro ghetto, uguale e contrario a quello da cui, con fatica, la disabilità è venuta fuori negli ultimi 40 anni".

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