L’incorporazione della socialità

I manuali di cognizione sociale come di psicologia sociale spesso sembrano confondersi con quelli di psicologia cognitiva. L'analisi si focalizza sui processi cognitivi dell'individuo e sulle specificità psicologiche della sua interazione con gli altri. Le caratteristiche sociali e culturali del contesto, i valori simbolici condivisi sono spesso ignorati o dimenticati. D'altra parte il "paradigma" su cui molti di loro si basano è quello dell'elaborazione dell'informazione che per sua natura è di tipo individualistico e rappresenta la dimensione sociale solo come un rapporto fra un io, centro dell'elaborazione e gli altri, oggetto della stessa.

Il numero 2 del 2011 della rivista «Sistemi Intelligenti» intitolato La cognizione sociale, a cura di Anna Borghi e Fausto Caruana, sembra indicare, invece, che nell'area di studio in questione si stiano percorrendo sentieri nuovi e promettenti. La base di partenza di molti dei saggi contenuti nel volume è la critica a una debolezza di fondo delle scienze cognitive: l'avere trascurato il ruolo del corpo, dell'ambiente fisico e della socialità. La ricchezza dei temi del volume va dall'analisi fenomenologica del l'empatia ai modelli di simulazione basata sugli agenti, alla biologia animale e alla psichiatria. A mio parere, però, il cuore del numero che corrisponde a un cambiamento in corso dell'area della cognizione sociale si può riassumere in due parole: incorporazione della socialità. Vari sono gli articoli che affrontano questa nuova prospettiva, a cominciare da quello d'apertura di Fausto Caruana e Vittorio Gallese sul legame indissolubile fra esperienza emozionale ed espressione/azione dell'emozione. Da questo punto di vista la dimensione sociale del comprendere l'emozione altrui, significa simulare, a livello corporeo, con un meccanismo mirror il comportamento esibito dall'altra persona. È infatti il comportamento il presupposto della esperienza emozionale (come nella tradizione del pragmatismo americano di James, Dewey e Mead) e non viceversa. E la regione del l'insula sembra il centro deputato per questo meccanismo motorio dell'esperienza emozionale.

Il senso di questo cambiamento concettuale è, soprattutto, dato da un gruppo centrale di tre articoli che affrontano un tema che sembrerebbe lontano dalla prospettiva di «incorporazione della socialità», quello della affordance. Di cosa si tratta? Il termine, introdotto da James Gibson nel 1979, sta a indicare le opportunità pratiche offerte dall'ambiente a un organismo in base alla sua capacità percettiva e motoria. Diversi studi di neural imaging hanno rilevato che la sola osservazione di oggetti di uso quotidiano attivano aree premotorie e motorie legate alla pianificazione dei movimenti, come in una simulazione dell'interazione. La percezione degli oggetti intorno a noi, ad esempio la propensione ad afferrare una tazza o usare una forbice (chiamata anche micro-affordance), sembra essere influenzata da fattori sociali, come il fatto che questi oggetti siano potenziali obiettivi di un agente diverso da noi. In particolare, secondo Corrado Sinigaglia e Marcello Costantini, sembra che un oggetto sia considerato afferrabile indipendentemente che si trovi a portata della nostra mano o della mano di qualcun altro. Se questo dato viene confermato dovrebbe presupporre la possibilità, da parte di un individuo, di codificare il corpo dell'altro nei termini delle sue effettive possibilità motorie e del suo effettivo potere di agire, al di là del realizzarsi effettivo di queste potenzialità. Una tesi, proposta da Anna Borghi, Claudia Granelli e Luisa Lugli parte da una recente ipotesi circa una differenziazione neurale fra affordance legate alla manipolazione (prendere un bastone), rappresentate nel sistema dorsale e quelle legate alla funzione (usare una forchetta), presenti nel sistema ventrale. Gli aspetti sociali e culturali potrebbero agire più sulle affordance legate alla funzione (diversi stili nell'uso della forchetta) che alla manipolazione. In ogni caso vari elementi di contesto sembrano influenzare le affordance. In particolare, la presenza di un altro che può arrivare all'oggetto aumenta la velocità con cui lo afferriamo. Francesca Ferri, Giovanna Campione e Maurizio Gentilucci hanno evidenziato come durante le interazioni tra individui, guidate da un'intenzione sociale, sia attivata una affordance sociale relativamente all'oggetto. Ad esempio la richiesta di nutrimento da parte di una persona, espressa dalla sua apertura della bocca, aumenta l'accuratezza dei movimenti di prensione e trasporto del cibo della persona che intende nutrirla rispetto alla cinematica del portare del cibo alla "bocca" di un ricevente inanimato.

In generale secondo questi autori la condivisione dei significati relativi ai segnali comunicativi, tra cui il linguaggio verbale, potrebbe fondarsi sulla presenza di un meccanismo specchio attivo nell'osservazione e nell'esecuzione degli stessi gesti comunicativi.

riccardo.viale@fondazionerosselli.it

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La cognizione sociale, a cura di Anna Borghi e Fausto Caruana, in «Sistemi Intelligenti», anno XXIII, n.2/agosto 2011

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