Lettera choc della prof: "Troppe ore di lezione? Andate in …

Roma, Università La Sapienza. Questa storia inizia da una lamentela. È relativa al cambiamento degli orari dei corsi: ci sono troppi ‘buchi' durante la giornata di lezioni universitarie. Sono ore vuote, passate tra i corridoi della Facoltà – quella di Psicologia – aspettando l'arrivo del prof. Perché non razionalizzare? Si chiedono i ragazzi. E così, come spesso accade, gli studenti prima borbottano, poi si arrabbiano, si consultano, si organizzano e decidono: parliamo col presidente del corso di laurea (quello di Psicologia clinica della persona, organizzazioni, comunità). Anzi, scriviamole. E troviamo una soluzione. Arrivano una, due, dieci, venti, venticinque mail, tutte dello stesso tono. E la docente, il cui nome è Viviana Langher, vista la mole di lettere, evidentemente si spazientisce (per usare un eufemismo). E così decide di mettere nero su bianco una risposta. Che ha dell'incredibile. Fanpage.it ha potuto verificare, attraverso le testimonianze di un nutrito gruppo di allievi, il disagio effettivo causato dal cambiamento di orari: “Ci erano stati assegnati, nel nostro corso – spiega una studentessa che chiede di restare anonima – degli orari del tutto accettabili. All'inizio dell'anno accademico, cioè lunedì 7 ottobre, noi dovevamo iniziare alle 8.00 e invece hanno cambiato orari senza avvisarci e abbiamo avuto la prima lezione alle 11.30. Quindi intanto siamo stati 3 ore e mezza in giro per i corridoi. Ovviamente già questa cosa ci ha innervosito parecchio. Dopodiché arriva il professore delle 11.30 e annuncia che sono cambiati gli orari. Li verifichiamo: sono scritti con un criterio assurdo”. Esempio? “Il martedì – continua – stiamo quasi 12 ore in facoltà di cui 10 sono di lezione. Io sono una macchina che riesco a seguire per tutto questo tempo sia fisicamente che psicologicamente senza cali di attenzione. Soprattutto gli studenti che abitano lontano o sono fuori sede ma come fanno?”. “C'è – spiega un'altra studentessa a Fanpage.it – chi deve andare via ad un certo orario per non tornare tardissimo a casa, oppure per gli orari dei treni, dato che a volte le corse per alcune località terminano alle 19. Poi – conclude – si passa dal martedì con 10 ore al venerdì che ce ne solo sono 2. È un invito a non partecipare alle lezioni”.

Questo è il clima di disagio nel quale matura la decisione di contattare la docente Viviana Langher. Una prof stimata, descritta da molti come disponibile e cordiale. Ma stavolta la presidente del corso di laurea va giù pesante. Con una lunga mail che in alcuni tratti sconcerta. Già, perché consiglia agli allievi che non ce la fanno, di abbandonare gli studi. O di andare in psicoterapia. “Gli orari – scrive la docente – li decide chi ha la responsabilità della organizzazione della didattica, non voi. Su questo punto non c'è trattativa“. E poi passa alla disamina punto per punto. Sulla durate di un giorno di lezioni con 12 ore in sede, la psicologa fornisce consigli per superare fisicamente e intellettualmente l'ostacolo: “Provate con degli integratori. Approfittate delle pause tra una lezione e l'altra per ricrearvi. Prendete un buon caffè la mattina. Fate ginnastica, ispirandovi all'antico motto, ancora attuale, del “mens sana in corpore sano”. Alcuni suggeriscono il training autogeno e ginnastiche orientali, possono aiutare. Passeggiate all'aria aperta durante il fine settimana: vi rinfresca la mente ed il cuore. Una dieta sana e bilanciata certamente dà il suo buon contributo. Perdete peso se siete in sovrappeso, aumentate di peso se siete sottopeso. Evitate l'uso di sostanze stupefacenti. Allenate la capacità di concentrazione leggendo più spesso, si ottengono miracoli. Se nulla funziona e dopo tutto non ce la fate a sostenere una giornata di lezione dalla mattina alla sera, abbandonate gli studi universitari giacché non avete la tempra necessaria”.

La ‘questione numero due' riguarda gli orari “non abbastanza compatti”. La presidente del corso di laurea nega che vi possano essere difficoltà e suggerisce ai suoi studenti di utilizzare “le pause tra una lezione e l'altra per studiare, riflettere, risolvere problemi, passeggiare per l'Esquilino (quartiere di Roma ndr.) – soprattutto ai fuori sede, così si orientano – rispolverate la grammatica italiana e la sintassi, ampliate i vostri orizzonti culturali, fate amicizia, assaggiate la cucina indiana, sa essere deliziosa. Se non riuscite ad impiegare il vostro tempo libero in maniera soddisfacente, tentate una psicoterapia, e riprendete gli studi solo dopo il percorso terapeutico“. E ancora. Tra le lamentele poste, quella della “mancanza di vita di facoltà”, dovuta alla dislocazione del corso di studi, ubicato nell'ex Caserma Sani e all'eccessiva distanza tra quest'ultima e le altre località scelte per le lezioni, ubicate nel quartiere San Lorenzo. Si tratta di 1,2 chilometri “11 minuti a piedi” dice la docente. “Se non ce la fate ad accettare il semplice fatto che la magistrale abbia sede a 1,2 km da via dei Marsi, tentate con una buona psicoterapia. Se non funziona, abbandonate gli studi“.

La lunga missiva ha il tono del messaggio ultimo e perentorio, oltre il quale non vi sarà ulteriore discussione (“Qualunque vostro tentativo di riprenderla – è scritto nella mail inviata ai giovani – sarà rispedito al mittente, o cestinato“). Langher suggerisce altresì “una buona psicoterapia” a chi solleva il problema per fuori sede e pendolari nel seguire le lezioni (“si devono svegliare presto e andare a letto tardi per ben 2 giorni alla settimana“). E poi, la botta finale: “Costate allo Stato 7.069,9229 euro pro capite per anno (dati OCSE 2012) – scrive la docente universitaria – per i due anni della magistrale per 120 iscritti costate alla comunità 1.696.781,496 euro. Di fronte a tale investimento di denaro pubblico, tutti ci aspettiamo che voi studiate. E molto“.

Su Facebook, in particolare sui gruppi che riuniscono gli studenti di Psicologia alla Sapienza, fioccano lamentele: “È una risposta vergognosa e irrispettosa nei confronti degli studenti, che continuano a pagare tasse sempre più elevate, nella quale si invitano addirittura gli studenti ad abbandonare gli studi – si legge -. La voce degli studenti che ogni giorno devono far fronte ai numerosi disagi organizzativi non vengono in alcun modo prese in considerazione. Una situazione del genere in un paese civile non abbia ragione di esistere. Tantomeno, un atteggiamento come quello che fuoriesce dall'email”.

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