L'economia è fatta per una metà scarsa di aratri, centrali eoliche e computer e per l'altra metà di pura psicologia ed emotività. Prendiamone atto, dunque. Del resto, ne abbiamo avuto la prova provata ancora una volta la settimana scorsa, quando gli umori del mercato sono cambiati in misura percettibile dopo le due aste di titoli pubblici italiani di giovedì e venerdì. Prima, ad avere buone narici si poteva annusare nell'aria un tenue, indefinibile miglioramento, ma la maggior parte di noi, i normonasuti, non riuscivano affatto a sentirne il profumo. Dopo, il miglioramento è diventato palese per tutti. Eppure, nella sezione «aratri e computer» l'evento cruciale non appariva così straordinariamente importante. Fra i titoli collocati nell'asta di giovedì, i 500 milioni di di BTp decennali indicizzati all'inflazione dell'area euro, scadenza 15 settembre 2014 sono una piccola parte di quelli in circolazione (15 miliardi) e una goccia nell'oceano del debito pubblico o anche solo del fabbisogno previsto per l'anno, che è di circa 250 miliardi fra rinnovi e debito fresco. Quello che ha fatto splash è però il tasso d'interesse: il 3,20%, contro 7,30% nell'asta precedente. Certo, sono titoli indicizzati, quindi completamente protetti dall'inflazione che è oggi lievemente più rapida che in passato. Nella parte di asta dedicata ai Ctz biennali il miglioramento degli interessi è stato meno eclatante: 3,763% contro 4,853% la volta prima. Ma anche così, un bel colpo. Psicologicamente parlando. Perché, una volta di più, a livello dell'intera economia si tratta di somme da poco: 4,5 miliardi. E venerdì scorso il bis: sono stati collocati 8 miliardi di titoli semestrali, offerti all'1,969%, in frote calo rispetto al 3,251% dello scorso 28 dicembre. È la prima volta dal giugno scorso che il rendimento è sceso sotto il 2%, mentre per trovare un tasso inferiore bisogna tornare a maggio (quando era 1,664%). Il miglioramento riguarda, ancora una volta, solo una frazione assai limitata del debito di questa tipologia. Ma il cuore ha ragioni che la Ragione non conosce, come ha detto Pascal. Il cuore dei mercati sragionava, prima, perché non prendeva in conto la reale forza dell'economia italiana; è più ragionevole in realtà adesso, anche se ci sorprende per il repentino mutamento. Del resto bisogna sempre aspettarsi le sorprese, in un senso o nell'altro: i mercati finanziari, si sa, sono sempre molto nervosi. Diamo allora il benvenuto al miglioramento, auguriamoci che il lieve profumo di ottimismo che si avverte nell'aria non venga coperto da qualche nuovo lezzo emesso dalla finanza avida e corrotta del nostro assai perfettibile mondo. Monti ha forse un po' troppo a cuore le banche, ma ha un mandato preciso e le idee chiare sul piano dell'economia «aratri e computer». Il suo compito sarà più facile, e le sofferenze dei cittadini minori, se dall'economia «cuore e psiche» verrà un aiuto anziché lo scetticismo distruttivo e ostile che abbiamo conosciuto negli ultimi sei mesi. Può darsi che il momento più duro sia alle nostre spalle. Chi scrive non si sente certo di garantirlo: ma il cuore, almeno quello, si arrischia a sperarlo.