Le tavole di Blutch emanano tutto il potere di eccitazione del cinema


Martedì 13 Marzo 2012 06:26

Leggere e guardare Blutch e i suoi disegni, almeno questi sogni intorno al cinema (arte che dalle origini, almeno sul versante Méliès, del sogno ha tutto, compreso il residuo e gli scarti della biologia scambiata per psicologia, il magma disordinato di cascami con la loro funzione consolatoria – il lecca-lecca sociale del buon Carmelo Bene) è un gesto che va fatto assecondando la propria disponibilità alla contemplazione svagata, distolta dall’imperativo tutt’altro che categorico di analizzare, scomporre, isolare frammenti di testo e immagini.

Oddio, ognuno – gli esperti di fumetto, innanzitutto e perlopiù – può studiarsi forme, stili, tecniche, ma bisognerebbe approfittare della felicità, della scioltezza fluida con cui passando da una tonalità all’altra, da un colore all’altro, ognuno dominante per ogni singola storia, in Per farla finita con il cinema, Blutch (disegnatore nato a Strasburgo nel 1967, il cui primo fumetto, una parodia di Tintin, vide la luce nel lontano 1988 sulla rivista “Fluide Glacial”) fa il contrario: lo fa rivivere in una specie di possessione onirica, proiezione – è il caso di dire – di un desiderio mai compiuto: non una storia il film agognato dall’autore ma “una successione di immagini autosufficiente”. Né inizio né fine, insomma, quanto il riemergere molto libero di figure e icone della storia cinematografica, da Paul Newman ad Ava Gardner, da Visconti a Michel Piccoli.

Immagini di una sensualità esibita senza inibizioni, scabra nel segno ma disponibile, come pronta ad amoreggiare con il lettore, invitato a galleggiare nelle citazioni e nelle invenzioni di personaggi che del cinema non possono fare a meno, o che magari lo detestano. “Gli attori… pfff, sono come le scarpe, passano di moda… Sono insignificanti”, dice la donna separata dall’uomo che si trastulla ancora col suo giocattolo preferito laddove lei reclama gli alimenti per i figli.
Un’altra parla di feticismo, ma non è detto – questa credo l’interessante ambiguità del fumetto – che della parola Blutch condivida la valenza negativa della vulgata freudiana e magari marxista. Curiosamente, sembrano più i maschi delle femmine a essere soggiogati dal cinema, per quanto un’altra delle ragazze che vanno e vengono da queste scene molto libere, narrativamente fluide, non esiti a definire il cinema “un acceleratore di particelle”. Potere di eccitazione, insomma, capacità di scatenare il desiderio, e ciò nonostante nelle facce variabili di Burt-Bruto-Lancaster-Gattopardo possano nascondersi la stanchezza, il declino, l’implosione di una forza una volta irresistibile.

Con minuta svagatezza che contrasta con la scurezza prevalente dei toni, si tratti di fantasia o passione, in questo fumetto Blutch restituisce l’istinto popolare, anche cialtronesco, del cinema,  insieme all’irresistibile illusione che vi si concentra, senza la quale – i grandi insegnano – è difficile vivere. Del piacere intendo, fino a quello delirante della donna che porge i suoi glutei al dito gigantesco dello scimmione archetipo, King Kong.
Per farla finita con il cinema, è un lavoro della casa editrice bolognese Coconino Press.
Michele Lupo

NB: le immagini sono tratte dalla "sfida per veri cinefili" pubblicata su Coconino Club, il blog della casa editrice.

Blutch
Per farla finita con il cinema
Coconino Press - Fandango

Pagine 88
19,50 €

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