Le protagoniste di Tabularosa, Martinengo: ”Innovazione è ciò che …

di Josephine Condemi (foto Antonio Sollazzo) - Gianna Martinengo, fondatrice di Didael KTS (Knowledge Technologies Services) e presidente dell’associazione “Donne e  tecnologie”,  è a Tabularosa.

Un’occasione irripetibile per farci raccontare la sua storia.

Che cos’è una web knowledge company e come si fa con una laurea in lingue e una specializzazione in psicologia ad occuparsi di tecnologia a così alti livelli?
Partiamo dalla storia personale e professionale… ho una cosiddetta “laurea debole” in Lingue e Letterature straniere all'università Bocconi e una specializzazione in psicologia presso l’università Cattolica di Milano.  Ho sempre avuto una grande curiosità per i metodi di apprendimento e nel  1970, in occasione di un viaggio in America, ho visto le prime teaching machines...grandi quanto una stanza! Dal 1981 al 1983 sono stata consulente  presso la Computer Curriculum Corporation di Palo Alto, in California, e nello stesso periodo  mi sono specializzata in “Educational Technologist” all’Istituto di Matematica per le Scienze Sociali dell’Università di Stanford (USA). Ho iniziato un rapporto di collaborazione scientifica con loro, lavorando al  primo progetto mondiale  di e-learning: a Stanford mi hanno insegnato, tra l’altro, la necessità dell’approccio scientifico ai problemi. Quando sono  tornata in Italia,  sono stata costretta a diventare imprenditrice, perché nessuno capiva quello che facevo: nel 1983 è nata Didael, “Didattica con elaboratore”. Ho preso un foglio bianco e ho disegnato il primo progetto industriale italiano di software didattico. A Stanford avevo visto che stavano facendo pure una serie di progetti paralleli su linguistica e aritmetica dedicati a bambini con difficoltà di apprendimento… quindi, è nato il progetto di “italiano di base” sperimentato all’istituto “Don Gnocchi” e presentato a livello mondiale nel 1985. Per fondare l’azienda ho investito la mia liquidazione da docente, senza venture capitalist o cose simili.  Tu pensa: una donna, con una laurea debole, che voleva dedicarsi alla tecnologia! La mission di allora è la stessa di oggi: studiare la complessità e realizzare progetti basati sul dialogo persona/persona mediato da tecnologia. Le aziende piano piano  ci commissionarono la formazione del personale con le tecnologie che c’erano, e io  capii che non potevo passare mesi a Stanford ad aggiornarmi: fondai quindi un laboratorio di ricerca dentro l’azienda, DidaLab (riconosciuto nel 1990 come laboratorio di interesse nazionale dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, ndr), utilizzando i finanziamenti europei. Avevamo quindi due strutture che operavano in parallelo: un gruppo sviluppava prodotti per le aziende, l’altro, il laboratorio, faceva ricerca scientifica. Eravamo così in grado di orientare i clienti. Nel ’95-96 con internet cambia nuovamente il paradigma: non trasmissione ma comunicazione, non informazione ma conoscenza. Agli inizi qualcuno diceva che internet era “cosa da studenti universitari”: la lotta contro gli stereotipi e la chiusura verso l’innovazione continuava, ma per me internet significava accelerare la convergenza tra attività di ricerca e sviluppo. Negli anni '90 Didael diventa così una delle prime “Web knowledge company” italiane: knowledge perché la conoscenza è l’informazione che serve a prendere decisioni, web company perché siamo una società sul web. Nel 2010 poi, coinvolgendo i miei  migliori dipendenti a diventare soci, costituisco Didael KTS (Knowledge Technologies Services), spostando la nostra offerta da prodotti a servizi: consulenza, soluzioni per l’apprendimento e web application sviluppando progetti di e-work, e-learning ed e-communication. 

Che cos’è per lei l’innovazione?

Innovazione, nella mia esperienza, è innovazione tecnologica e innovazione sociale. In entrambi i casi penso che si possa parlare di innovazione se c’è un miglioramento della qualità della vita delle persone: il concetto di innovazione non può quindi prescindere da un comportamento etico. Si ha innovazione sociale quando si utilizza una tecnologia che soddisfa i bisogni dei cittadini permettendo di creare reti sul territorio. Il processo richiede  accordi, collaborazione, condivisione, dialogo e comportamenti innovativi da parte di tutti gli attori. Innovazione sociale è poi strettamente legato alle communities, le comunità virtuali che diventano reali, in cui persone con gli stessi interessi si scambiano idee e progettano, organizzano iniziative. L’associazione Women e Technologies è nata così, come network internazionale per dare visibilità alle donne che con il loro lavoro inventano o innovano il futuro, come portale di comunità…

Le tecnologie possono bypassare le difficoltà infrastrutturali? E in che modo?
No, non possono superare il problema della mancanza di infrastrutture digitali e fisiche del nostro paese ma certamente possono  migliorare il mondo dei servizi soprattutto nel rapporto tra cittadini e Pubblica Amministrazione, nell’istruzione, nella cultura,  nel tempo libero ecc (pensa al telesoccorso, ai telecontrolli per la sicurezza, ai musei virtuali, ad esempio)…

Le donne hanno una marcia in più oppure no?
La donne sono empatiche e poi hanno la cultura dell’ascolto, la capacità di sapersi prendere le responsabilità anche senza avere ruolo, l’affidabilità, la capacità di resistere in periodi di crisi (pensiamo alle nostre nonne che gestivano spesso contemporaneamente lutti ,crisi, fatica, lavoro, guerre). Io  però sono per la complementarietà, il mix è straordinario… Poi, non è che devi prendere una donna perché è donna, ma perché è brava!

Qual è la differenza che fa la differenza?
Non vedo una differenza che fa la differenza. Semmai  è la complementarietà tra uomo e donna l’elemento che fa la differenza, sia  nel lavoro che nella gestione familiare.

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