Le bugie lasciano delle “impronte digitali” nel nostro cervello

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bugie cervello Le bugie lasciano delle impronte digitali nel nostro cervello

Le bugie hanno le gambe corte e, a quanto pare, lasciano anche il segno. Stando ad uno studio condotto da Alice Proverbio, Maria Elide Vanutelli e Roberta Adorni del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, pubblicato rivista scientifica “Plos“, infatti, le bugie lasciano una sorta di “impronta digitale” nel nostro cervello.

Come spiegano le ricercatrici, le aree del cervello più attive nella costruzione delle bugie sono la regione frontale e pre-frontale dell’emisfero sinistro e la corteccia cingolata anteriore.

Ebbene, attraverso l’elettrofisiologia cognitiva si è in grado di vedere come reagisce il cervello di una persona quando riconosce qualcosa di familiare. Quando la persona mente, però, il cervello produce una risposta bioelettrica inconfondibile, chiamata N400, che riflette il tentativo di sopprimere l’informazione riconosciuta come vera. Insomma, a quella non può sfuggire nessuno!

Lo studio in questione è stato condotto su un gruppo di studenti universitari, ai quali è stato chiesto di rispondere ad un dato numero di domande bilanciate per argomento e tipo di informazione. I quesiti comprendevano anche dati, fatti e comportamenti personali conosciuti da ciascun partecipante, ma anche domande imbarazzanti o su temi delicati.

Ad ogni studente, poi, è stato chiesto di mentire o dire la verità. Per scoprire se mentiva o meno, infine, ogni studente indossava cuffie speciali con 128 rivelatori che registravano l’attività elettrica del cervello.

Le ricercatrici hanno poi spiegato che questa tecnica si differenzia dalla macchina della verità poichè quest’ultima, per individuare chi sta mentendo, si basa sulla misurazione di aspetti fisiologici come sudore e battito cardiaco.

Il nuovo metodo, però, si rivela ancora più efficace poichè, come spiega la stessa Proverbio, misura anche l’effetto cerebrale delle emozioni provate durante l’interrogatorio: l’attività mentale, misurata attraverso le variazioni elettriche delle risposte cerebrali, è un indicatore molto più affidabile di quella solo periferica.

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