Ci sono specifiche aree del cervello che si attivano quando si dice una bugia. Ora queste aree possono essere viste "all'opera" con una speciale tecnica, l'imaging neurale, che mostra una sorta di impronta digitale della menzogna.
Lo rivela una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Plos One e realizzata da Alice Proverbio, Maria Elide Vanutelli e Roberta Adorni del dipartimento di Psicologia dell'Università di Milano-Bicocca. Le aree del cervello più attive nella costruzione delle bugie, spiegano le ricercatrici, sono la regione frontale e pre-frontale dell'emisfero sinistro e la corteccia cingolata anteriore.
«Attraverso l'elettrofisiologia cognitiva - aggiunge Alice Proverbio, coordinatrice della ricerca - siamo in grado di vedere come reagisce il cervello di una persona quando riconosce qualcosa di familiare». Inoltre, è possibile stabilire quando una persona sta mentendo «poichè il cervello produce una risposta bioelettrica inconfondibile, chiamata N400, che riflette il tentativo di sopprimere l'informazione riconosciuta come vera»: è questa l'impronta digitale unica della bugia. Rispetto alla cosiddetta macchina della verità, «che si basa sulla misurazione di aspetti fisiologici come sudore e battito cardiaco per individuare chi mente - conclude l'esperta - il nostro metodo misura anche l'effetto cerebrale delle emozioni provate durante l'interrogatorio. L'attività mentale, misurata attraverso le variazioni elettriche delle risposte cerebrali, è un indicatore molto più affidabile di quella solo periferica».