La vita universitaria in Colombia. Cosa cambia dall’Italia?

BOGOTA' - In questa puntata di condivisione del mio viaggio a Bogotà (Colombia) vi racconterò la mia esperienza universitaria in questo frammento di percorso di studi.

L’università che frequento qui a Bogotà è l’Universidad del Rosario, un’università privata, una delle più prestigiose della Colombia e del Latino America. E’ composta da numerose facoltà che accompagnano gli studenti nel loro percorso accademico. Tutte le impressioni che riporto riguardano strettamente questa università, poiché dalla mia esperienza non posso dire quali aspetti siano peculiari di questa facoltà o quali siano in comune con le altre università colombiane, sia le private che le pubbliche.

In particolare, il programma di Psicologia fa parte della Facoltà di Medicina, caratteristica significativa dal punto di vista culturale. In Italia medicina e psicologia sono concepite come carriere prettamente separate e non assimilabili, al massimo la psicologia è avvicinabile a filosofia o a giurisprudenza nel caso della branca della psicologia criminologica e forense. Il fatto che qui le carriere siano così a contatto dimostra l’effettiva intenzione di raggiungere un approccio che sia davvero interdisciplinare.

In Colombia i ragazzi che frequentano l’università sono in media più giovani rispetto agli studenti italiani. Molti dei miei compagni colombiani hanno qualche anno in meno di me, in quanto hanno iniziato l’università verso i 16/17 anni. Questo è un aspetto interessante che come ogni cosa porta con sé sia dei pro che dei contro; infatti, discutendone con loro è emerso che oltre al vantaggio di poter finire prima il percorso di studi e di conseguenza poter entrare prima nel mondo del lavoro, una difficoltà importante da affrontare riguarda il fatto che a quell’età può essere ancora difficile avere un’idea chiara di ciò che si vuol fare e diventare da grandi e pertanto dover intraprendere una carriera universitaria è una scelta che potrebbe essere percepita come prematura.

La didattica di quest’università è molto diversa da quella delle università italiane per vari aspetti. L’organizzazione di ogni lezione varia dal tipo di insegnamento e dal professore, ma ci sono aspetti in comune tra i vari corsi. Un esempio è la partecipazione richiesta dagli studenti alle lezioni: in Italia, la platea di studenti conta centinaia di persone (soprattutto nelle facoltà umanistiche) e chi interviene facendo domande o commenti è considerato un temerario; invece nel contesto colombiano le classi sono considerate numerose quando sfiorano le trenta persone, ed è fortemente desiderato dai professori che gli studenti facciano molte domande e che co-costruiscano la lezione con essi. Infatti, in molti corsi è richiesto che gli studenti arrivino in aula avendo letto delle letture assegnate da programma e che pertanto conoscano i contenuti della lezione in modo da poterli condividere, esporre dubbi, commenti, pensieri. C’è un rapporto più paritario tra professori e studenti: sono ben accetti interventi che critichino o che espongano visioni contrastanti rispetto alla versione presentata dal professore.

E’ molto valorizzato il pensiero critico: i docenti chiedono in continuazione cosa ne pensiamo dei contenuti esposti e soprattutto come stiamo in relazione a ciò che viene detto. Spesso vengono usati metodi di insegnamento alternativi, come la visione di film e la conseguente riflessione e collegamento ai contenuti della lezione, oppure lavori di gruppo che incorporano il compito di approfondire un argomento ed esporlo alla classe. In generale, è considerato importante lo stato emozionale che crea la lezione e gli argomenti trattati. Non vengono analizzati i vissuti emotivi (non è un contesto di terapia né di supporto psicologico) ma solo è considerato importante condividere gli stati d’animo generati dalla lezione. Infatti una domanda frequente che segue le attività e i lavori di gruppo è “come vi siete sentiti in questo lavoro?”.

I professori si presentano sia sul lato professionale che su quello personale: non è così sentito il valore della privacy o della riservatezza. Domina la trasparenza e la volontà di instaurare rapporti diretti, quasi amicali. Mi è capitato più volte di osservare che i compagni colombiani incontrino nel corridoio i professori di alcuni corsi che hanno seguito in precedenza e che li abbracciassero ricambiati con affetto. Dal nostro punto di vista è molto strano questo tipo di interazione, ma per loro è molto naturale. Poi ovviamente non tutti i professori instaurano questo tipo di rapporto, ma è sicuramente più frequente rispetto ai docenti italiani.

Un ulteriore aspetto peculiare è la valutazione data ai professori: ogni docente, durante la quarta settimana di lezione dall’inizio del semestre accademico, deve sottoporsi alla valutazione degli studenti che devono dare un feedback in riferimento a numerosi aspetti della didattica, come la preparazione del professore, il suo metodo di insegnamento, etc. Una cosa che si valuta e che mi ha colpito molto è la “actitud formadora”, ovvero la capacità del professore di stimolare gli studenti rispetto alla materia insegnata, il rispetto e l’interesse che questo nutre per gli studenti e il suo comportamento nel trasmettere principi e valori.
Questo riflette e sottolinea la maggiore attenzione che viene rivolta agli studenti piuttosto che ai professori, alla cura per la formazione dei ragazzi.

Anche per quanto riguarda gli esami, ho osservato un atteggiamento differente: ciò che è richiesto non è tanto la conoscenza dei contenuti in maniera precisa e dettagliata, quanto piuttosto la verifica del modo in cui si sono assimilati e introdotti nella propria vita i concetti teorici, come hanno cambiato il proprio meccanismo di pensiero. Probabilmente questa è una caratteristica tipica del corso di Psicologia, ma mi è sembrato interessante, perché in Italia anche per Psicologia non è così. Molto spesso è utilizzato il lavoro di gruppo anche nel contesto degli esami, metodo rarissimo nelle università italiane. La valutazione è composta da molte prove intermedie (una metodologia simile alle nostre scuole superiori); in particolare il semestre viene suddiviso in tre coorti (tre periodi) alla fine di ciascuna coorte si effettuano gli esami parziali, la cui valutazione si somma con le valutazioni dei lavori intermedi, formando così il voto complessivo di ogni coorte. Il voto finale di una certa corso è dato dalla media dei tre voti parziali.

Concludendo, il contesto universitario colombiano dà molta importanza all’autovalutazione: in alcune materie viene chiesto di assegnarsi un voto in base alla partecipazione alle lezioni e ad un determinato lavoro svolto. Mi ha sorpreso questo aspetto, perché in questo modo è possibile allenare la capacità di essere critici nei confronti di se stessi e identificare le proprie aree di forza e debolezza, elemento essenziale per giungere competenti e consapevoli al proprio futuro lavorativo.

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