La sindrome da amarezza cronica

Scienza e Medicina

Un nuovo disturbo che si manifesta «quando un individuo rimugina in continuazione su ingiustizie, reali o percepite, subite sul posto di lavoro», tra cui «la mancanza di prospettive lavorative». A parlarne è Giovanni Fava, professore di Psicologia Clinica dell'Università di Bologna.



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La precarietà è una realtà che colpisce migliaia di giovani e meno giovani e, a quanto pare, è la causa principale di quello che viene definito “embitterment disorder”, ossia la “sindrome da amarezza cronica”. Tema attuale come non mai, il lavoro precario, secondo gli studiosi, porterebbe a sviluppare forme di ansia dovute al forte stress, cui si correlano manifestazioni psicosomatiche.

Passare gran parte del tempo a riflettere sulla propria condizione lavorativa e sulle ingiustizie, reali o percepite, subite, non aiuta a rilassarsi, anzi aumenta la tensione e il livello di stress. Ad approfondire l’argomento ci pensa il Professor di Psicologia Clinica dell'Università di Bologna ed esperto di psicosomatica, Giovanni Fava, il quale sottolinea come ogni malattia abbia una componente psicologica che varia a seconda degli individui, dei singoli casi e della loro percezione. Ma lo stress e il disagio sperimentato sul posto di lavoro possono trasformarsi in vera e propria ansia capace di generare molteplici disturbi: coliti, gastriti, mal di testa. Spesso sono forme di somatizzazione, e dunque prive di cause organiche.

Lo stress lavorativo, in particolare se associato a mobbing, appare un elemento sempre più importante perché costituisce un carico costante sull'individuo”, conferma il professor Fava. E, dunque, in grado di determinare la salute psicofisica del soggetto. Un altro dato importante è la non omogeneità del disturbo. Non esiste una categoria di lavoratori più colpita rispetto alle altre, come non vi è grande differenza tra sessi o fasce d’età. La sindrome da amarezza cronica può dunque colpire chiunque indipendentemente dall’età, “non esiste una tipologia di persona maggiormente predisposta” conferma Fava. Ciò nonostante, per ovvi motivi, a soffrirne sono soprattutto i giovani e i neolaureati. Questi individui, infatti, vanno incontro più frequentemente a forme di lavoro precario rispetto al passato e questa instabilità e mancanza di prospettive viene percepita, a ragione, come una forte ingiustizia ed è, dunque, fonte di malessere.

Ma non solo. I giovani neolaureati, cresciuti in un ambiente familiare in cui la certezza occupazionale e la stabilità lavorativa erano una garanzia, una volta compiuti gli studi si trovano a fronteggiare un contesto per il quale non erano preparati. L’ansia, quindi, unita alla compromissione dell’autostima giocano un ruolo determinante. La condizione di instabilità percepita genera stress, che grava sull’individuo causandogli forme di malessere. Tale somatizzazione può colpire differenti organi senza una reale causa fisiologica. “La somatizzazione è l'espressione fisica di un disagio psicologico. Il termine si riferisce in particolare ai disturbi funzionali, quelli in cui non si riesce a trovare una causa organica. I problemi fisici possono spostarsi da un organo all'altro, ma permangono se non si affronta la componente psicologica”, spiega il professor Fava. Dunque, tenere conto del peso che ha la sfera psicologica in questi casi è fondamentale per trovare il giusto approccio terapeutico. Privilegiare un corretto stile di vita, esente, per quanto possibile, da tensioni psicofisiche, è un primo passo. E’ l’“auto-protezione”, sostiene Fava, “rispetto alle situazioni stressanti” a fare la differenza e a rendere più vivibile una quotidianità spesso molto difficile da affrontare.

7 Dicembre 2011

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Sabella Festa Campanile

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