La resilienza, come acquisirla? In noi stessi

(Getty Images)
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ll termine “resilienza” ha origine in ambiente tecnico ed indica la capacità di un materiale non solo di resistere ad una sollecitazione, ma anche di mantenere immutate le proprie caratteristiche strutturali ed elastiche, rispondendo così ad una nuova sollecitazione senza aver “memoria” della prima. Oggi di resilienza si parla in tanti ambiti, molto diversi tra loro (dall’ecologia all’informatica, dalla medicina alla psicologia...) ma resta univoco il senso di fondo del termine: la capacità di “ricostruirsi” dopo un trauma subito.

Resilienti si diventa?

Anna Oliverio Ferraris, psicologa dell’età evolutiva e ordinario all’Università La Sapienza di Roma, ci spiega, per quanto attiene l’ambito psicologico, che il soggetto resiliente è colui che riesce a riacquistare il proprio equilibrio reagendo positivamente (in tempi che possono essere più o meno lunghi) ad un evento critico (occasionale o protratto nel tempo), ad un lutto, ad una malattia. L’epidermide umana - per considerare un esempio a tutti evidente - è un tessuto che ha intrinsecamente un’altissima resilienza (ovvero la capacità di ricostruirsi dopo un trauma ), ma dal punto di vista psicologico “resilienti” si nasce o si diventa? «Una predisposizione innata indubbiamente esiste - spiega l’esperta - ma ha influenza soprattutto la solidità psicologica acquisita nel corso della vita, l’ambiente circostante e il supporto che si riceve al momento del bisogno. Una persona sicura di sé, con buona autostima e motivata dimostrerà certamente, di fronte ad una avversità anche grave, una resilienza maggiore rispetto a chi ha un quadro di partenza più critico, ma sarà comunque sempre prezioso l’aiuto che potrà venire dall’esterno. L’importanza dell’aiuto esterno vale per tutti - continua la Oliverio Ferraris - ma lo osserviamo in modo particolarmente evidente nei bambini che vivono una situazione di profonda deprivazione e disagio (pensiamo agli orfanotrofi, ma non solo), dove per una evoluzione positiva è indispensabile che il bambino trovi una figura adulta di riferimento, che noi definiamo “tutore di resilienza”, alla quale aggrapparsi e sulla quale poter contare».

La ricerca su bambini scampati alla guerra

E a proposito di resilienza, la Fondazione Albero della Vita onlus e l’Unità di Ricerca sulla Resilienza - Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano - hanno di recente realizzato una ricerca su un gruppo di 271 profughi siriani (età 6-14 anni) ospiti, in transito, presso due centri di accoglienza del Comune di Milano. Bambini ed adolescenti che avevano dovuto affrontare esperienze durissime come la guerra, la perdita di familiari, l’abbandono del proprio paese e una difficile e pericolosa migrazione forzata. Dalla ricerca (condotta da Cristina Castelli, coordinatrice del l’Unità di Ricerca sulla Resilienza e realizzata attraverso la somministrazione di un questionario e il coinvolgimento dei ragazzi in atelier creativi-espressivi) è emerso che i principali fattori protettivi e i desideri maggiormente espressi per cercare di ricostruire un’esistenza serena sono risultati essere la famiglia, la fede, la voglia di riprendere la scuola e la speranza, per il futuro, di un lavoro. «L’obiettivo di questo intervento - spiega Ivano Abruzzi, Presidente di Fondazione Albero della Vita - è stato quello di iniziare a restituire a questi ragazzi, nel breve periodo di permanenza a Milano, un’esistenza normale. Attraverso una rilettura orientata della propria storia e facendo sentire loro il calore di una presenza sicura, abbiamo avviato quel complesso processo che dovrà portarli a superare i traumi subiti». Ma anche senza arrivare a situazioni estreme, l’identificare degli elementi/fattori protettivi e riuscire a staccarsi dalla criticità che si sta vivendo concentrandosi su obiettivi futuri è un percorso sempre virtuoso per affrontare i momenti difficili in modo resiliente. «E soprattutto - osserva la Oliverio Ferraris - quando si vive una situazione critica è importante non chiudersi in se stessi, non aver paura di manifestare il proprio disagio e chiedere aiuto».

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