La psicologia del pensiero. Intuizioni, illusioni e sprint mentali

“Pensieri lenti e veloci” è un saggio autobiografico di Daniel Kahneman, uno psicologo atipico che è diventato premio Nobel per l’Economia nel 2002 (Mondadori, 2012, 511 pagine, euro 22).

Il libro inizia citando il quasi banale “effetto alone”, che rappresenta l’esempio più caratteristico e comprensibile della psicologia sociale. Di solito quando parla un oratore simpatico, elegante e di bell’aspetto, “il pubblico tenderà a giudicare le sue osservazioni più favorevolmente di quanto egli non meriti”. Anche “l’effetto esposizione” è molto pervasivo: gli stimoli visivi e uditivi arbitrari che vengono ripetuti finiscono per suscitare familiarità e affetti positivi. L’effetto risulta più intenso “nel caso degli stimoli che l’individuo non vede mai consciamente” (Robert Zajonc e altri, 2000).

C’è pure il famigerato “effetto ancoraggio”, legato alla cattiva suggestione fornita dalle prime informazioni recepite. Questo fenomeno genera giudizi imprecisi e causa grossi problemi nelle negoziazioni. Naturalmente il premio Nobel illustra molti esempi relativi ai pensieri veloci derivanti da circuiti intuitivi prevalentemente inconsci e multisensoriali, e molti casi relativi ai pensieri lenti risultanti da processi prevalentemente razionali e astratti legati all’attività cosciente e mirata. L’intuizione è imprecisa, però la sua velocità può salvare la vita alle persone in caso di emergenza.

Il processo di intuizione può essere influenzato dalla tradizione, dall’abitudine, dalle posizioni politiche e finisce per ingannare anche gli psicologi più esperti e i premi Nobel. Una ricerca ha dimostrato che “gli psicologi di solito sceglievano campioni così piccoli che si esponevano a un rischio del 50 per cento di non riuscire a confermare le proprie ipotesi vere” (Jacob Cohen, 1962). Mentre per i medici è l’eccesso di sicurezza che genera errori irrecuperabili. In uno studio si è osservato che i medici che si erano dichiarati “assolutamente sicuri” della loro diagnosi prima della morte del paziente, si erano sbagliati nel 40 per cento dei casi (Berner e Graber, 2008).


Per quanto riguarda le relazioni tra riflessioni economiche astratte e comportamenti, alcune ricerche dimostrano che è sufficiente suscitare l’idea del denaro nella mente di un soggetto per indurlo a essere più individualista, meno dipendente dagli altri e più solitario (Kathleen Vohs). E la sottovalutazione dei rischi e delle incertezze è una delle concause preponderanti delle ricorrenti crisi economiche da eccessi nelle speculazioni (Nassim Nicholas Taleb, “Il cigno nero”).

Comunque, quando si esegue un compito dove serve molta attenzione e molta concentrazione, si diventa quasi ciechi nei confronti di tutti gli stimoli al di fuori dell’attività principale. Questi “sprint mentali” bruciano molte energie e molti zuccheri. Se si eseguono troppo scelte in un giorno e si è stanchi, affamati o carenti di glucosio, risulta alta la probabilità di esprimere giudizi molto approssimativi e sbagliati. In ogni caso “Chi prende le decisioni migliori è una persona che sa quando non può fidarsi di se stesso” (Roy Baumeister, http://baumeister.socialpsychology.org).

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