La nuova Scuola di Psicoterapia che fa leva anche sul dialogo

Sabato 19 settembre è stata inaugurata la nuova Scuola di Psicoterapia sistemico-dialogica di Bergamo, aperta presso il Conventino di via Gavazzeni, centro di psicologia e psicoterapia. Si tratta di un evento importante perché va ad arricchire la già intensa attività del Conventino in ambito psicologico, sociale e culturale, ma anche perché l’apertura di una scuola così importante a Bergamo, e non a Milano o Padova, indica un’attenzione crescente per questo settore di studi e attività nel nostro territorio. La scuola è rivolta a laureati che intendono specializzarsi nella psicoterapia; l’anno accademico è iniziato venerdì 4 settembre con 12 allievi, il massimo consentito dal MIUR alla struttura, ma i responsabili stanno lavorando per arrivare a 20 posti. Ci sono già degli iscritti per l’anno prossimo, questo significa che l’offerta formativa proposta è risultata convincente.

Un discorso trasversale. All’inaugurazione era presenti numerose autorità e figure legate al contesto del Conventino, ma anche agli ambiti religiosi, educativi, accademici, sociali più in generale. È stata un’occasione buona per intavolare un discorso trasversale su situazioni, fenomeni nuovi, problematiche e modalità di risoluzione delle stesse, con obiettivo costante il benessere mentale e la felicità delle persone.

Erano presenti Don Fausto Resmini, presidente del Conventino, don Giuseppe Belotti e Salvatore Palazzo, direttore e vice, il vescovo Francesco Beschi, il direttore della Scuola Paolo Bertrando. E poi altre figure di spicco legate al settore: Perlita Serra, assessore politiche per la scuola, l’adolescenza e l’integrazione della Provincia di Bergamo, Maria Carla Marchesi, assessore alla coesione sociale di Bergamo, Renato Bresciani, direttore dipartimento ASSI dell’ASL di Bergamo, Angelo Compare, professore di Psicologia clinica all’Università di Bergamo, Riccardo Bettiga, presidente dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia ed infine Franco Poterzio, professore emerito di psichiatria Università di Milano. Ognuno di loro è intervenuto nelle tre ore di conferenza che hanno caratterizzato la mattinata dell’inaugurazione, portando la propria esperienza e lettura personale del mondo della psicoterapia.

 

Bertrando

 

Psicoterapia sistemico-dialogica. L’intervento conclusivo è stato quello del direttore scientifico della Scuola, Paolo Bertrando, psichiatra-psicoterapeuta di livello internazionale. Ha spiegato la natura di questa nuova istituzione: «Perché una scuola di tipo sistemico-dialogica? L’idea è quella di fare qualcosa di nuovo: oltre che sistemica, anche dialogica. Un approccio sistemico implica che per capire il soggetto bisogna anche capire le reti di relazioni sociali intorno a lui: le famiglie, ma anche numerosi altri cerchi concentrici che arrivano fino alla cultura nel complesso. Bisogna capire le cose in senso culturale: questa è la comprensione sistemica. Se il terapeuta non capisce il contesto, non capisce le cose che vi accadono all’interno. Il terapeuta deve saper situarsi nel suo contesto». «Cosa vuol dire aggiungerci il dialogo? Partire dall’idea che l’altro ha sempre qualcosa con cui contribuire. In un dialogo servono due che parlano, ma anche due che ascoltano. Noi vorremmo formare dei terapeuti in grado di dialogare con le situazioni».

L’approccio che si vuole dare pare essere molto concreto: non mancherà certo una parte teorica, sistemica e psicoterapeutica, ma la si terrà in stretta relazione con la parte teorico-pratica: lavorare cioè su terapie reali per avere il senso vivo delle cose. Saranno previste ore di lavoro individuale all’interno dell’orario della scuola e lavoro di gruppo su casi reali. E ancora: tirocinio e laboratori in cui un professionista porta delle idee e gli allievi ci lavorano su. «Il terapeuta dovrebbe essere uno che non capisce mai fino in fondo le cose e quindi tiene vivo il dialogo col suo paziente. La strada si trova insieme».

 

 

Le parole del vescovo. Monsignor Beschi ha sondato a fondo le relazioni tra religione e psicologia. È partito affermando che il rapporto tra queste due sfere è problematico, o meglio, viene ritenuto così da coloro che ci studiano e lavorano, ma anche da molti uomini di fede e di chiesa. Aggiunge quindi: «Non ci sono più le distanze di un tempo, ma la relazione non è semplice. Il fatto che questa Scuola nasca in un contesto religioso è un’occasione per ripensare a questo rapporto. Evocare quindi la possibilità di un dialogo e una sinergia per la felicità delle persone». Per trovare un’armonia il vescovo è andato a riguardare gli atti del Concilio Vaticano II; nel paragrafo relativo alle attività umane si afferma l’autonomia delle cose terrene, si riconoscono le leggi e i valori propri di determinate realtà. Questo stabilisce dei distinguo non banali per chi ricerca un metodo scientifico che sia in sintonia con la dimensione religiosa.

La seconda riflessione è forse ancora più fertile: «La psicologia non va relegata solo alla dimensione terapeutica, c’è un orizzonte culturale più ampio. Bisogna inserire la persona umana dentro gli orizzonti psicologici. Non solo nella malattia, ma anche per meglio comprendere la vita umana e la sua dimensione sociale. Sono molto ispirato da Papa Francesco, che propone due criteri: accoglienza e accompagnamento, quasi come un mantra. Voglio scoprire più intensamente questa cosa: è un messaggio impegnativo per chi deve esercitarlo e di speranza per chi deve essere accompagnato».

Gli altri interventi. In mezzo a questi due interventi chiave, hanno detto la loro gli altri presenti. Monsignor Giuseppe Belotti ha voluto ringraziare tutti e ricordare la storia del Conventino, che da 40 anni svolge un lavoro umile dietro le quinte, fatto di ascolto del dolore delle persone. «Non vogliamo essere maestri ma servitori delle persone.  L’ascolto è una grande carità». Perlita Serra ha manifestato la riconoscenza del territorio verso il Conventino: «Parlo a nome di un’istituzione civile che mira alla dignità e al benessere. Esso non può prescindere dalla qualità delle relazioni. Mi compiaccio quindi di questo ulteriore passo in cui dei professionisti si mettono al servizio. Auspico che il lavoro fatto sarà motivo di arricchimento. Gli iscritti dicono che questa iniziativa trova risposta». Maria Carla Marchesi ha sottolineato che aprire una scuola significa avere la volontà di imparare ancora. Nella difficoltà delle persone ad affrontare la vita, l’amministrazione comunale cerca di spingere la gente a stare insieme, per affrontare meglio le incertezze. «Lavoriamo sulle reti sociali, sulla collaborazione tra gruppi. Ringrazio il Conventino per il lavoro che fa coi ragazzi: la fase adolescenziale è molto dura oggi, si fatica a pensare al futuro. I ragazzi non trovano appoggio negli adulti e temono di non poter sbagliare. Poi quando diventano adulti e genitori riflettono le loro mancanze sui figli. Questa apertura a Bergamo dà un pregio in più alla città sul piano culturale».

 

 

La lectio magistralis. Dopo gli interventi di Renato Bresciani, Angelo Compare e Riccardo Bettiga, ha preso la parola il professor Franco Poterzio. La sua è stata una lezione meravigliosa che ha aperto un’infinità di questioni, stimolando la riflessione su innumerevoli aspetti della vita, privata e sociale, nel mondo d’oggi. Ne accenniamo soltanto alcuni.

- Il disagio psichico è relazionale, rimbalza sugli altri. La psicoterapia è uno scambio di parole, è un processo conoscitivo, per connaturalità: conosco l’uomo con l’uomo. Non ho qualcosa di fronte, ma qualcuno. «Conosco me attraverso te, allora ti comprendo, ma comprendo meglio anche me stesso».

- Il terapeuta fa da specchio. Il paziente prende coscienza dei problemi esternandoli nel dialogo. «Ma quali mezzi abbiamo? La psicoterapia è poverissima, abbiamo noi stessi e basta. Serve un approccio scientifico, ma non abbiamo un modello della mente a cui rifarci. Il terapeuta deve riflettere sulle sue intuizioni e pensare anche di poter sbagliare.

- Poi c’è l’empatia che non si insegna. C’è un sapere esperienziale oltre che scientifico. Bisogna saper riflettere sull’esperienza che facciamo del paziente. La relazione deve avere un termine, come per Dante e Virgilio.

Il professore ha poi elaborato una lunga riflessione sui problemi dell’oggi, come i rapporti non equilibrati tra i sessi. In una società mediatica che insiste sulla donna come vittima, Poterzio ha presentato il risvolto opposto; nelle classi a scuola le ragazze sono più sviluppate e infatti sono più brave. I ragazzini, frustrati, hanno la loro rivalsa attraverso la pornografia, la rivincita sessuale del machismo, dello sport, oppure si ritirano e fanno una scelta omosessuale.  L’approdo finale per una visione equilibrata comporta una specie di teologia dei sessi: c’è del sacro nell’unione di uomo e donna. Ci si riconosce meglio nel nostro sesso stando con l’altro. Chiude con un bell’acrostico sull’amore, individuando in ogni lettera una fase del matrimonio: A.M.O.R.E. significa Amore, Monotonia, Odio, Rispetto, Eternità. «Solo con te posso guadagnare la salvezza eterna».

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