La crisi fa sparire le vacanze “talpa”, niente più vergogna a stare a …


Secondo Antonio Lo Iacono, presidente della Società italiana di psicologia, fino allo scorso anno erano ancora in molti a nascondersi piuttosto che ammettere di non potersi permettere le ferie. Da quest'anno condividere l'infelice situazione è diventato normale

Viviana De Vittorio

agosto in città

«Vagazzi quest’anno mi aspettano le Maldive». E poi via a barricarsi in casa, spegnere i telefoni, improvvisare false partenze dopo aver salutato amici e parenti e magari impiegare il tempo che si trascorreva tappati in casa a scaricare foto da Internet improvvisandosi  grafici per inserire la propria immagine sorridente su sfondi da sogno e spiagge bianchissime. Era questo, fino all’anno scorso, il comportamento più diffuso, magari non così paradossale, ma certo erano pochissimi ad ammettere che non potevano permettersi di andare in vacanza.

Da quest’anno, invece, la situazione si è capovolta e condividere la propria infelice situazione è diventato normale e soprattutto per nulla imbarazzante. La ragione? Neanche a dirlo il cambiamento della situazione economica che coinvolge ormai quasi tutti. La crisi ha, infatti, cambiato radicalmente e rapidamente l’atteggiamento sociale nel nostro Paese: «Responsabilità e senso pratico tendono a soppiantare sempre di più il bisogno di apparire e l’ostentazione del lusso», ad affermarlo è  Antonio Lo Iacono, presidente della Società italiana di psicologia. Lo Iacono conferma che solo lo scorso anno, erano ancora molti a nascondersi piuttosto che ammettere di non potersi permettere le vacanze estive. Questi mesi, però, hanno rivoluzionato anche le convinzioni degli italiani. «Molti elementi hanno contribuito a questa svolta psico-sociale conferma – il governo dei tecnici concentrato sui risparmi in tutti campi, i mass media che tengono alta la tensione anche sulle difficoltà di singoli, la smitizzazione del lusso nel mirino dei tagli e, infine, la generalizzazione del problema che riduce il senso di frustrazione: “mal comune mezzo gaudio”, insomma.

E infatti c’è chi fa anche dell’ironia o chi ammette che senza le case di villeggiatura di mamma, papà, suocere, zie, zii e via discorrendo, da usare rigorosamente gratis, non si allontanerebbero da casa. «Dal punto di vista più strettamente psicologico – sottolinea Lo Iacono – è cresciuto il senso di precarietà. Viviamo in uno stato di “choc da paura del futuro”. E questo costringe ad una maggiore autenticità e responsabilità. In pratica, dover risparmiare e quindi rinunciare a qualcosa è diventato di nuovo un dovere, come ai tempi della guerra».

Se da un lato passa la frustrazione, pensare che il paragone sia quello ai tempi di guerra non può che fare un certo effetto… Se proprio non volete arrendervi, ci sono sempre le vacanze alla pari, o quella vecchia parente che vive in riva al mare e non sentite da tempo, com’era il suo nome? Chissà se ho ancora il numero di telefono…


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