"Inseparabili", la psicologia in libreria

"Inseparabili", il nuovo libro di Alessandro Piperno,
rappresenta un'altra grande prova dello scrittore romano sul
terreno altissimo e ambizioso del romanzo psicologico, in diretta
linea di continuità - non solo per motivi di trama - con il
precedente "Persecuzione".

Dico appositamente "romanzo psicologico", perché a me pare che la
chiave più preziosa di questo libro stia proprio nella mano sicura
con cui l'autore disegna il profilo interiore dei suoi personaggi,
seguendone l'evoluzione, mettendoli alla prova, illuminandone
contraddizioni e sfaccettature, sforzandosi di comprenderli e di
farceli comprendere, in un delicato e intenso gioco di empatia e
immedesimazione verso le sue creature, come se ognuna di essere
rivelasse un altro volto possibile dell'autore, e in fondo anche di
ciascun possibile lettore.

Ma c'è anche un aspetto di "psicologia collettiva", di "analisi di
massa", che è il più "politico", il più "civile" del romanzo, e che
temo sarà messo tra parentesi nella discussione pubblica, perché
Piperno ha davvero avuto il coraggio di mettere il dito nella
piaga. Descrivendo l'improvviso successo di uno dei suoi
personaggi, che a un certo punto sale inopinatamente alla ribalta
del mondo della cultura (su una linea pacifista-umanitaria,
ovviamente), e diviene perciò oggetto di adorazione pubblica,
Piperno ci mette in guardia rispetto all'isteria profonda di certe
ondate di amore (così come del loro opposto: e cioè delle ondate di
odio che pure si diffondono sempre più spesso, in rete come nei
media tradizionali), alla perdita di misura nel consenso e nel
dissenso che sembra caratterizzare il nostro tempo.

Di più: in pagine che ad alcuni appariranno sarcastiche (verso
Saviano e forse non solo lui...), Piperno scolpisce la figura
dell'intellettuale "di moda", "di successo", prigioniero del
proprio personaggio e della maschera che finisce per indossare
senza ormai neppure rendersene conto. A me pare (e qui sta,
insieme, la grandezza e la perfidia di Piperno) che in quelle
pagine l'autore, più che abbandonarsi ad esercizi di sarcasmo,
tenti una generosa pedagogia verso chi è caduto in questo gioco,
dall'una e dall'altra parte del palcoscenico, e quindi sia verso il
"profeta" adorato sia verso la folla adorante (o odiatrice: cambia
poco).

Forse sta proprio qui la riflessione più acuta di Piperno: in
questo viaggio intorno alle infatuazioni e al risentimento
collettivo, alle mitizzazioni e alle colpevolizzazioni di massa.
Diffidiamone, sembra dirci l'autore, e concentriamoci sul punto
vero del dramma di ogni essere umano: la dimensione intima e
personalissima di ciascuno di noi, la necessità di fare i conti con
le nostre pulsioni più profonde, e soprattutto l'esigenza di venire
a patti con gli ingombranti "files" della nostra memoria, con gli
eventi-impronta che ci hanno segnato, e che di tanto in tanto
tornano ad affiorare come nemici potenti e invisibili, capaci di
determinare la nostra vita e il nostro rapporto con gli altri. Una
grande lezione, un grande romanzo, un grandissimo Piperno.

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