Il tremore invalidante: il morbo di Parkinson

La malattia degenerativa che compromette l’equilibrio e i movimenti volontari descritta dal farmacista londinese James Parkinson sconvolge malati e famiglie. Possibili terapie di supporto psicologico e cognitivo di Angela Dassisti

Il morbo di Parkinson deve il suo nome al farmacista londinese James Parkinson che ne descrisse alcuni sintomi significativi, appellandoli “paralisi agitante”. Si tratta di una malattia degenerativa che compromette l’equilibrio e più in generale i movimenti volontari. In seguito a una scarsa produzione di dopamina in una zona del cervello si verifica la necrosi (morte) di alcuni neuroni, che in seguito alla produzione eccessiva di una specifica proteina, aumenta in modo esponenziale.

L’incidenza è del 5% nella popolazione tra i 50 e i 60 anni, senza una differenza significativa di genere (uomo donna). Non sembra esserci una causa certa: sono state individuate alcune mutazioni su più geni che sembrerebbero determinare la malattia e si osserva la presenza di familiarità solo nel 20% dei casi. L’incidenza sembra bassa prima dei 50 anni ma tende a raggiungere livelli più elevati tra 70 e 79 anni. Negli ultimi 60 anni, inoltre, i tassi di incidenza sembrano essersi mantenuti piuttosto stabili.

Nei primi sintomi non sempre il tremore risulta evidente. I segnali iniziali della malattia, infatti, si manifestano con rallentamento dei movimenti, perdita di equilibrio e potrebbero non essere marcatamente visibili agli esordi della patologia, con una manifestazione silente anche per diversi anni. Nel momento in cui essa si manifesta, però, coinvolge i movimenti volontari, con un tremore caratteristico degli arti (destra o sinistra) anche a riposo e a volte la presenza di un tremore interno, come riferiscono i pazienti. La perdita di controllo motorio determina cambiamenti nell’effettuare movimenti fini (scrivere), ma anche istintivi (deglutire, movimento della lingua) e grossolani (coordinazione del corpo nello spazio).

La diminuzione del monitoraggio motorio e dei riflessi di raddrizzamento sembrano causare difficoltà nel mantenere una postura dritta, per cui le persone malate di Parkinson hanno un’andatura protesa in avanti, trascinano i piedi e presentano una torsione del busto, che potrebbe facilitare cadute e perdita di equilibrio. Si associano spesso disturbi del sonno, dell’olfatto, disfunzioni degli organi interni, disturbi cardio-circolatori, disturbi somatici, ansia e disturbi depressivi e del comportamento.

In seguito alla degenerazione del sistema nervoso si osserva la perdita progressiva di funzioni cognitive in modo molto simile alle demenze: verificandosi difficoltà di memoria, soprattutto di memoria a breve termine nelle prime fasi (imparare o ricordare cose nuove); difficoltà ad organizzare il linguaggio, con ripetizioni ed un eloquio talvolta rallentato e faticoso; difficoltà ad organizzare e pianificare la propria vita, perdendo anche l’autonomia e la flessibilità del comportamento. In alcuni casi si osservano comportamenti disinibiti e la tendenza al gioco d’azzardo, anche in contrasto con le precedenti abitudini.

Gli esami che sembrano fornire maggiori informazioni potrebbero essere la risonanza magnetica nucleare ad alto campo, la SPECT, la PET cerebrale e la scintigrafia del miocardio, ma si tratta di esami i cui risultati si dovrebbero collocare all’interno di una storia clinica, affiancati dalla presenza di altri sintomi peculiari perché si possa fare la diagnosi della malattia.

La malattia di Parkinson colpisce numerosi individui, di tutte le estrazioni sociali e di diverse etnie. Spesso è possibile solo rallentare la degenerazione cognitiva e attenuare la presenza di alcuni sintomi. Il morbo di Parkinson è una malattia invalidante, che sconvolge il malato e la famiglia, poiché comporta un progressivo affaticamento, indebolimento e la perdita dell’autonomia personale, sociale e lavorativa.

Ci sono diversi centri ospedalieri in Italia in cui è possibile ricevere la diagnosi ed una cura farmacologica per la malattia, che purtroppo è destinata ad aggravarsi nel corso degli anni. È possibile intervenire con terapie di supporto psicologico e cognitivo, perché l’individuo mantenga il più a lungo possibile le sue capacità superiori, e affiancare alle terapie farmacologiche sedute di fisioterapia per conservare a lungo il tono muscolare ed una buona coordinazione degli arti.

Il morbo di Parkinson evoca l’immagine del defunto Pontefice Giovanni Paolo II, che con grande coraggio e determinazione ha mostrato i segni della vecchiaia e in particolare della sua malattia al mondo intero, come esempio del calvario nel portare la croce di Cristo. Ogni malato, ogni famiglia porta con sé la croce in un cammino lastricato di paura, dolore e sofferenza; ma ogni giorno, ogni istante e ogni attimo che trascorrono circondati dall’affetto della famiglia saranno meno penosi e più lievi, perché carichi di amore e di speranza.

21 febbraio 2013

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