Il suicidio giovanile. Psicologia del suicidio giovanile a cura di …

Per indagare più a fondo fenomenologia e cause culturali del suicidio giovanile e, insieme, fare il punto su possibili rimedi terapeutici e  strategie preventive del suicidio giovanile, abbiamo sentito il Dott. Alessandro Meluzzi, psichiatra, politico, criminologo nonché personaggio televisivo di assoluto pregio scientifico.

Giovani e Suicidio

Giovani e Suicidio

Il suicidio giovanile si conferma in Europa la seconda causa principale di morte tra gli adolescenti. Si va dal brutto voto a scuola alla delusione d’amore, dalla perdita di affetto al fallimento sperimentato in un settore su cui avevamo puntato, dal rimprovero dei genitori al rifiuto dei gruppo dei pari, dal bullismo all’omofobia, dallo stalking e dal mobbing psicologico della classe all’autosvalutazione. Dott. Meluzzi, il suicidio giovanile a livello mondiale è tra le prime cinque cause di mortalità fra adolescenti e giovani. La sua prevenzione, perciò, deve essere una priorità assoluta. L’OMS considera il suicidio giovanile come un problema complesso, non ascrivibile ad una sola causa o ad un motivo preciso, vista anche la sua presenza consistente  nella società. Nel nostro Paese il suicidio giovanile rappresenta la seconda causa di morte tra i giovanissimi dopo gli incidenti stradali. Perché questa escalation? Come si collega al nostro tempo? Quali sono le motivazioni che li spingono al suicidio?

Alessandro Meluzzi, Psichiatra

Alessandro Meluzzi, Psichiatra

“Nell’età adolescenziale il suicidio giovanile è connesso a due meccanismi fondamentali. Per i cosiddetti suicidi dimostrativi esiste frequentemente una sfasatura oggettiva tra volontà suicidaria o pseudo suicidaria e mezzi messi in atto per realizzarla. Per esempio bere un bicchiere di bagnoschiuma o prendere cinque aspirine per poi chiamare l’ambulanza è un modo per attirare l’attenzione in maniera equivalente ai comportamenti autolesionisti tipici di chi si fa piccoli tagli sul corpo al fine di ottenere amore e affettività. Può capitare che un tentato suicidio per un tragico errore evolva in un rischio vero della vita e bisogna tenerne conto. Ci sono poi suicidi veri che avvengono per precipitazione o impiccagione, nei quali non c’è dubbio sulla volontà chiara di autodistruzione senza una richiesta di aiuto, se non in modo inconscio. Anche in questi casi il suicidio è un omicidio di sé, fatto anche per colpire qualcuno a cui si vuole lanciare un tragico messaggio, per colpire o rimproverare per una mancanza intollerabile. Lo scenario è frequentemente famigliare: la famiglia è il luogo dove si possono esercitare interventi preventivi attraverso diagnosi precoci di disturbi depressivi o bipolari gravi, che sono fattori di causa del suicidio giovanile così come la presenza di situazioni conflittuali diventate intollerabili sulle quali occorre intervenire per via psicologica.”

Esistono dei fattori socio-culturali che vi contribuiscono maggiormente? Perché la morte non fa più paura ai nostri ragazzi? “Intanto la paura della morte è stata da sempre più labile nei giovani che nell’età matura della vita. In questa fase la morte sembra un’eventualità assurda ed estranea che l’assunzione di comportamenti a rischio, tipo la guida pericolosa o i fenomeni di gioco a rischio come il balconing, è la conseguenza di una sorta di protezione nei confronti del rischio di morte vissuto come astratto. Gioca in tutto questo anche la mancanza di un sistema di valori certo che dia la sensazione che la vita meriti di essere vissuta.“

Ragazza disperata

Ragazza disperata

Recentemente molte scuole sono state palcoscenico di suicidi tentati e riusciti. Spesso alcune dinamiche paiono innescarsi o acutizzarsi tra i banchi di scuola. Perché?

“La scuola è il luogo in cui si realizza il banco di prova più pressante e forte di tutta la vita del giovane. A scuola si raccolgono successi e insuccessi, gioie e dolori, separazioni e attaccamenti, perdite e conferme. Si costruisce quell’io sociale che rappresenta la conferma o la disconferma di mille e una insicurezze. La scuola può diventare un monitor attento di situazioni che spesso si accompagnano all’esplodere di crisi famigliari.“

Quali sono i soggetti più esposti? Ci sono “modalità” che permettono ai familiari di individuare i soggetti a rischio? A quali spie devono fare attenzione genitori e insegnanti per anticipare possibili gesta tragiche dei loro figli o alunni?

“Solitamente i campanelli d’allarme sono legati sempre all’insorgere di un quadro bipolare in cui sono concomitanti spunti di depressione malinconica inibita e momenti di eccitamento euforico o disforico. Spesso sono legati anche a cali del rendimento scolastico, all’isolamento sociale e alla non comunicazione oppure emergono discorsi bizzarri e inconsueti, spesso ispirati a una verbalizzazione di idee autosvalutative e autodistruttive.“

Come deve comportarsi invece un genitore con un figlio che ha tentato il suicidio?

“Occorre seguirlo con attenzione anche sul versante psicologico clinico e psicoterapeutico, cercando di mettere in luce -anche con l’aiuto di specialista- i conflitti interiori e le sofferenze che hanno prodotto il gesto. La collaborazione tra famiglia e specialista è essenziale.”

Quanto incide il fattore sociale (pensiamo a quegli studenti che si sono tolti la vita perché andavano male a scuola o a quei ragazzi omossessuali che si sono precipitati dalla finestre degli istituti per esempio, a quelli oggetti di bullismo, costretti a portare gogne di ogni tipo e a subire il rifiuto dei familiari prima ancora che del gruppo)?

“Il meccanismo della stigmatizzazione rappresenta sempre un fattore di rischio, anche perché contribuisce ad alimentare un sentimento di esclusione e vissuti autosvalutativi. Su tutto questo occorre vigilare, perché non si inneschi un meccanismo per il quale si designa una vittima designata che, quando diventa il capro espiatorio di tutte le aggressività del gruppo, sclerotizza una situazione che può diventare rischiosa, anche se tutto sembrava all’inizio ludico.”

Suicidio Giovanile

Suicidio Giovanile

Esistono casi in cui un suicidio giovanile o adolescenziale ne ha innescati altri?

“Possono innescarsi in certi ambienti epidemie suicidarie per meccanismi di natura imitativa. In questo caso una certa capacità di coinvolgere il gruppo nella rielaborazione dell’evento luttuoso può prevenire fenomeni di identificazione con le parti più patologiche di sé.”

Come si previene il suicidio giovanile? Come intervenire per contrastare l’affacciarsi dell’idea suicida? Quanto sono efficaci gli strumenti della psicologia? Quanto è importante sensibilizzare sul valore della vita?

“Occorre promuovere sempre una cultura della sacralità della vita in ogni aspetto, fase, manifestazione e età dell’esistenza. Anche quando il rifiuto della vita sembra affacciarsi come negazione estrema allo stress e al malessere, occorre attraverso un’adeguata pedagogia delle emozioni e attraverso selettivi momenti terapeutici insegnare un management dell’angoscia, che passa attraverso la capacità di esprimersi e comunicare e di chiedere aiuto. Quando questo avviene, si è già a metà dell’opera.“

In collaborazione con Matteo Napoli

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