IL ROMANISTA Lo psicologo: “Squadra insicura”

Panchina As Roma

(D. Galli) - Scoraggia la contestazione («genera stress, è controproducente»), ipotizza una rivalsa immediata col Napoli «a condizione che i leader Luis Enrique, Totti e De Rossi siano uniti» e a Luis Enrique dà un suggerimento: cerchi di adattare le proprie idee, sul calcio e dintorni, ai giocatori che ha. Il professore Alberto Cei è un luminare del mental training, è uno psicologo dello sport che agli atleti insegna come vincere le proprie ansie. E’ l’uomo giusto per cercare di capire cosa sta passando per la testa di questa squadra.

Professor Cei, che sta capitando alla Roma?

La mia idea è che Luis Enrique abbia applicato il suo sistema senza adattarlo alla Roma, ma anche all’ambiente di Roma, che è molto particolare. Se ti accorgi che questo sistema non funziona, e specie se lo capisci molto prima di giungere alla quattordicesima sconfitta in campionato, devi fare qualcosa. Devi cambiare. Noto invece una difficoltà di adattamento da parte dell’allenatore. Vede, ci deve essere una tabella di marcia che preveda una percentuale in crescendo di assorbimento del progetto. Alla Roma non è accaduto. E il fatto che non si sia intervenuto, mi fa pensare a una eccessiva rigidità. Le faccio un esempio. La Roma molto difficilmente vince due partite di fila. Questo evidenzia una difficoltà ad applicare quel tipo di gioco. Il sistema è importante, ma poi viene messo in pratica da undici persone. E’ addosso a loro che va cucito l’abito.

A volte si assiste a una differenza di prestazione tra primo e secondo tempo. Come mai? La squadra non è sicura di come gioca e quindi non riesce a esprimersi come vorrebbe per tutti i novanta minuti. Certamente è più facile farlo all’inizio della partita, quando sei più riposato.

Cosa che non è accaduta con la Fiorentina, dove la Roma ha incassato subito la rete di Jovetic. Alla base c’è sicuramente un problema psicologico. I risultati non vengono e ciò non fa stare tranquilli i giocatori. E non possono esserlo se poi è lo stesso allenatore a essere pessimista. Le parole di Luis nella conferenza prima di Roma-Fiorentina denotano un notevole livello di stress. Se ammetto che ho sbagliato tutto, parto battuto. Chi mi ascolta come fa a pensare che nella prossima partita faremo tutto giusto? Poi, Luis Enrique continua a dire di assumersi tutta la colpa. Invece non ci sono colpe. Ci sono eventualmente degli errori che vanno corretti. Errori dei quali è responsabile non solo lui, ma anche la squadra. Se il tecnico è convinto delle sue idee, le deve portare avanti.

Ma Luis Enrique lo è. E’ un “hombre vertical”, sa perfettamente quello che vuole dai giocatori. Ci sono delle regole, per esempio fuori dal campo, che non vanno trasgredite.

Bisogna vedere gli effetti che produce questa fermezza sulla squadra. A volte può rivelarsi dannosa.

Ritiene la Roma caratterialmente fragile?

Sì. Queste riduzioni di impegno ne sono un esempio.

C’è chi dice: è perché sono giovani.

Io non ci credo. Chi è giovane, può non avere esperienza. Ma può pure metterci molto più impegno per farsi notare. Perché è all’inizio della carriera e perché ha più entusiasmo.

Molti romanisti si interrogano sulla figura di Tonin Llorente, il mental coach.

Dovrebbe consigliare l’allenatore. Luis Enrique dovrebbe chiedergli cosa dire per trasmettere un messaggio positivo all’esterno.

Una specie di consulente di immagine.

Macché. E’ così che agisce il mental coach di un dirigente. Prima di fare delle dichiarazioni che possono deprimere la squadra, mi consiglio con il mental coach. Posso domandargli, poi, se pretendo troppo dall’applicazione del mio sistema di gioco, perché – e qui mi ripeto – magari non tutti i giocatori rispondono nella stessa maniera a quello specifico tipo di allenamento.

Un allenamento più leggero o più intenso può influire sulla psicologia dei calciatori?

Prenda la Juve. Nella mentalità di Conte la squadra va tenuta sotto pressione e la doppia seduta giornaliera sottolinea proprio questo aspetto. In assoluto, il ritmo in allenamento deve essere simile a quello in partita.

Un aspetto che lascia perplessi è la decisione di comunicare la formazione alla squadra all’ultimo minuto.

E’ importante mantenere la tensione alta in allenamento, ma poi va infusa della serenità. Non credo che dia più motivazioni rendere noto in extremis lo schieramento. Per qualche calciatore può essere una delusione. Nel tempo, questa situazione genera uno stress non necessario. Quando la tensione non è più solo quella agonistica, la stanchezza ti porta a fare falli di frustrazione. Oppure a insultare l’arbitro, che inconsciamente diventa un alibi per il giocatore.

Dopo una sconfitta come quella con la Fiorentina, pensa che possa esserci nella squadra un desiderio di rivalsa oppure col Napoli dobbiamo aspettarci un tracollo?

Sono possibili entrambi gli scenari. Molto dipenderà dall’allenatore, dalle motivazioni che saprà dare. Ma conterà anche quello che sapranno trasmettere i giocatori simbolo come Totti e De Rossi: avranno un ruolo importante nel sostenere in campo i compagni. Dipenderà tutto da loro e da Luis. Se resteranno molto uniti, è facile che prevalga il primo scenario. La rivalsa. E poi i tifosi: la squadra va sempre incoraggiata. La contestazione è controproducente, è un motivo aggiuntivo di stress. I tifosi devono essere con la Roma. Sempre.

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