Il paradosso di una vita "tecnologica"

I supporti di ultimissima generazione sono sempre più presenti nella vita di giovani, adulti e anziani. Utili e affascinanti, rischiano però di ridurre il "gusto" del momento. Anteponendo il mezzo al fine di Angela Dassisti

La tecnologia sempre più presente nella nostra vita è a disposizione delle necessità lavorative, creative e ricreative di ciascun individuo. Con la finalità di rendere più veloce il mondo del lavoro, essa sembra aver avuto una crescita costante ed esponenziale negli ultimi anni, dovuta in parte alla facilità di utilizzo di alcuni supporti, alla versatilità d’impiego, ma soprattutto alla necessità di aderire a un modello di individuo del XXI secolo estremamente veloce, affidabile e all’avanguardia. I supporti tecnologici di ultimissima generazione affascinano i grandi per le numerose funzioni di un solo apparecchio, sono facili da usare per i più piccoli e trovano largo uso nella vita domestica anche degli anziani.

L’uso della tecnologia in ambito scientifico e le applicazioni bio-mediche rappresentano alcuni dei vantaggi delle ultime scoperte. Pensiamo alla Lavagna Interattiva Multimediale per gli studenti con difficoltà, all’uso di tablet e supporti elettronici per disabili o persone con disturbi dell’apprendimento, alle agende elettroniche per gli anziani che soffrono di memoria, con le quali possono girare video o scattare foto affinché ricordino i momenti appena trascorsi. Come non considerare l’importanza degli e-book per adattare il testo alle proprie esigenze, la lettura e la scrittura vocali, i programmi per disegnare ed i tutorial per non perdere le tradizioni e tramandare i piccoli saperi di casalinghe e artigiani. Non solo, l’utilizzo della rete e della telefonia via etere permette dei contatti veloci e di fornire aiuto anche medico a persone altrimenti irraggiungibili, conoscere e denunciare soprusi nel mondo, visitare virtualmente musei e Paesi lontani.

La tecnologia ha i suoi pregi, poiché ci permette, grazie alla rete, di collegarci al mondo e di avere accesso in tempi brevi a una quantità abnorme di informazioni, di metterci in contatto con l’altro capo del mondo, di avere una visibilità che sarebbe apparsa inimmaginabile solo qualche decennio fa. La possibilità di accedere a conoscenze innumerevoli da casa ci permette di manipolare una quantità impressionante di informazioni in brevissimo tempo, di “postare” dati rilevanti, di condividere un’opinione e di far parte di un gruppo di appassionati contemporaneamente, per affrontare il mondo alla velocità richiesta e con un efficienza maggiore.

Colori accattivanti e mille funzioni accessorie e di poca utilità hanno conquistato i desideri di giovani e adulti, i quali sembrano aver sostituito i giocattoli dell’infanzia con i gingilli elettronici, sempre a caccia dell’ultimo ritrovato. Tutto ciò è a dir poco chimerico: sono scoparsi gli amici di penna, ora ci sono gli amici di click; tanti, numerosi e virtuali ovvero inconsistenti e forse irreali.

Tutta questa velocità, però, congiuntamente alla necessità di aderire ad un modello di consumo di uomo tecnologico, probabilmente ci sta facendo perdere di vista il fine, anteponendo ad esso il mezzo. Sembra che non sia più importante quello che leggiamo, l’opinione che abbiamo, la riflessione su un accaduto, il superamento del conflitto in una amicizia, il desiderio di immortalare un’emozione, quanto invece testimoniare a tutti di essere presenti, di aver partecipato. Non appare più rilevante il significato delle nostre azioni, il gusto del viaggio e del momento, la condivisione di valori o idee, quanto più sinteticamente l’effimera partecipazione e l’inutile conferma di pochi “mi piace”.

Il paradosso sta proprio nel fatto che un supporto in grado di mettere in collegamento i due capi dell’universo sembra avere la conseguenza di dividere e spezzare le amicizie e gli incontri reali. Per la smania di essere visibili rischiamo di ridurre ai minimi termini i rapporti sociali veri, le relazioni significative, mettiamo a rischio la nostra vita privata e la nostra riservatezza. Il pericolo è quello di diventare delle isole sterili che non si sviluppano e non imparano a gestire i conflitti, ad adattarsi, a collaborare e a condividere con l’altro in modo funzionale alla propria crescita. La frustrazione si gestisce in modo pubblico, talvolta umiliando e insultando, oppure si evita, con un click e un’uscita di scena. Si arriva così alla bizzarria di un mondo senza regole, nato con l’idea di far circolare liberamente il sapere, ma che diventa autoreferenziale e non accetta repliche poiché basta il tasto exit e si può cambiare mondo, ambiente e navigare in una realtà più congeniale.

26 settembre 2013

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