Il Mobbing e le relazioni di gruppo in azienda – Psicologia del Lavoro

Il Mobbing e le relazioni di gruppo in azienda


Scritto da Dott.ssa Elena Giuliani


Martedì 14 Maggio 2013 00:00

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Mobbing, bossing, bullying, tanti termini per esprimere un solo concetto: azioni tese a vessare, arrecare danno  e offendere un lavoratore, sia esso un collega o un sottoposto. Un problema che va affrontato. Ecco una breve guida per comprenderlo meglio.

 

 

 

 

Le ragioni che spingono un mobber a tormentare qualcun altro sul posto di lavoro sono molteplici e coinvolgono la sfera personale, lavorativa, psicologica ed emotiva e non sempre è semplice identificare le cause. Esistono diverse dinamiche che determinano questo fenomeno, tuttavia sono riconducibili a due processi principali: il mobbing orizzontale e quello verticale.

 

Si può parlare di mobbing orizzontale quando un lavoratore diventa vittima di un gruppo di colleghi che si coalizzano contro di lui. In questo caso spesso il mobbizzato è un impiegato o un operaio piuttosto dotato che agli occhi degli altri appare come privilegiato e quindi imputabile di essere in qualche modo “immanicato” o raccomandato. Così si agisce contro di lui per impedirgli di fare al meglio il proprio lavoro o di ottenere avanzamenti di carriera.

 

Il mobbing verticale è forse il peggiore perché molto spesso chi lo subisce ha l'impressione (spesso fondata) di essere solo contro tutti. Il capo mobber che di solito è anche il superiore di una data sezione o ufficio applica delle pressioni psicologiche e degli atti vessatori nei confronti del mobbizzato, spesso mascherandoli come atti disciplinari necessari per spingerlo a dare le dimissioni o accettare un trasferimento che in condizioni normali il mobizzato non sarebbe costretto ad accettare. Questo comportamento provoca però un effetto domino per il quale anche i colleghi sono portati a comportarsi alla stessa maniera per non rischiare di ritrovarsi nella stessa situazione del mobbizzato o per acquisire maggior prestigio nei confronti del capo mobber che potrebbe in qualche modo ricompensarli per l'”aiuto” che offrono.

 

Le “vittime” preferite del mobbing, oltre alla tipologia già descritta, sono spesso lavoratori precari o part-time, che si trovano in una situazione già molto instabile di per sé e diventando quindi il soggetto ideale per pressioni psicologiche ed emotive che molto spesso si traducono in malesseri psicofisici. Ansia, depressione, apatia, panico, dolori nevralgici e muscolari, insonnia, inappetenza, palpitazioni e tremori, scarsa autostima, sono solo alcune delle conseguenze sulla salute che possono comparire in chi viene mobbizzato.

 

Ad oggi la legislatura contro il fenomeno del mobbing è ancora in fase di elaborazione, ma alcune sentenze della cassazione hanno stabilito dei precedenti e si può fare appello alla Costituzione ai Codici e al decreto legislativo del 9 luglio 2003 che stabilisce la parità dei trattamento in materia di lavoro. Inoltre sono sorte numerose associazioni e sportelli a cui rivolgersi se si è vittima di mobbing, come ad esempio MIMA o PRIMA, il telefono rosa del mobbing dell'ASL o il Gruppo Asylum.

 

Insomma essere consci del problema è doveroso e agire in merito è imprescindibile, ma prima è bene conoscere a fondo il fenomeno. Con questo obiettivo è nata l'idea di questa guida (Il Mobbing e le relazioni di gruppo in azienda) che si impegna ad analizzare e a dare una spiegazione a questa dinamica di gruppo inaccettabile. La guida non si rivolge solamente ai mobbizzati ma anche ai mobber, nella speranza che rivalutino il loro ruolo di leader e di collaboratori in ambito lavorativo.

 

Dott.ssa Elena Giuliani

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