Il mito della sicurezza… e la politica della paura

Lascerò ad altri spiegare la psicologia della paura irrazionale, la ragione per cui molti adorano i film dell’orrore, godono facendosi rizzare i capelli sulle montagne russe o si lasciano trascinare da “leader” che le paure le cavalcano disonestamente. Sembra che ciò sia dovuto al nostro sistema nervoso che ci porta a cercare stimoli. Eschilo diceva che la paura ci rende deboli, abbatte il senso di sicurezza, interferisce con le prestazioni, mortifica la fermezza. E se non bastasse, distorce le percezioni, creando mostri e ostacoli là dove non ci sono. Un lato positivo della paura è che ci renderebbe vigili nei confronti del pericolo.

Resta il fatto ch’essa è di per sé più temibile della maggior parte delle cose solitamente temute. Essa è fonte di numerosi mali sociali. Dà origine alle superstizioni, ai sentimenti di odio razziale e tribale, all’ostilità verso il nuovo e il diverso, alla rigidità e al conservatorismo, e spinge anche a fare proprie prassi e credenze superate. La paura non può mai tradursi in virtù, afferma Voltaire. L’ignoranza e la paura sono strettamente associate e si alimentano l’un l’altra. La paura, poi, ha una sua logica inesorabile: ciò che temiamo arriva. L’uomo codardo muore mille volte, quello coraggioso una volta sola. Le paure fanno parte della vita dell’uomo e quindi sopportate, ma Muslih Al-Din Sa’di ci dice come combatterle: “Se il tuffatore pensasse sempre allo squalo, non metterebbe mai le mani sulla perla”. I casi sono due: o accettiamo il rischio e tentiamo di impossessarci della perla, o ci rassegniamo a vivere nel rimpianto di non averlo fatto.

La logica (ad es. del pensiero o del linguaggio) e l’etica (dei comportamenti) sono state le due grandi macchine di stabilizzazione della vicenda umana. L’istinto umano era ed è volto alla libertà, ma senza codici di stabilizzazione, l’uomo avrebbe rischiato di mandare a monte l’esperimento umano. Lo hanno pensato da Platone a Bergson, passando da Hobbes, Kant e altri. L’umanità è quindi giunta, seppur lentamente, a comprendere che se non voleva la guerra di tutti contro tutti, si trattava di fare in modo che ciascun individuo consegnasse una parte della sua liberta a quell’entità superiore che poi venne chiamata “Stato”, il quale, senza amore e senza odio, garantisse per ciascuno i limiti dell’esercizio della sua libertà, in modo che tutti fossero magari meno liberi ma più sicuri.

Ora però siamo entrati (o rientrati?) in un’epoca di paura. L’insicurezza è tornata a essere un ingrediente attivo della vita politica nelle democrazie occidentali. Un’insicurezza che nasce dal terrorismo ma anche dalla velocità dei cambiamenti, dalla paura di perdere il lavoro, dalla globalizzazione e dall’incertezza della crisi mondiale e in particolare Europea, dalla distribuzione sempre più iniqua delle risorse. E forse anche dalla paura che pure coloro i quali detengono il potere politico abbiano perso il controllo in favore di forze al di sopra della loro portata (meno democratiche e identificabili). In Occidente ci siamo cullati nel mito del progresso economico indefinito e ora ci ritroviamo di fronte un’insicurezza economica profonda. Se non sappiamo che mondo lasceremo ai nostri figli, non possiamo certo permetterci di cullarci ancora nell’illusione che assomiglierà al nostro.

Ma bisogna evitare che la rabbia dettata dalla paura dei cittadini diventi una semplice occasione di propaganda per i politici più scaltri e più interessati a soddisfare l’emotività della gente invece che a risolvere i problemi. Perché risolvere i problemi significa individuarne le vere cause, che sono più complesse di quelle elementari che la gente invoca quando chiede di chiudere le carceri a dieci mandate o blindare i confini erigendo muri. Vivere tutti assieme tra gente che si sente della stessa parte, come i bambini quando fanno gruppo, è bello. Ma non è adulto. Il mondo della vita ti porta in casa anche i frontalieri, gli immigrati (un po’ per colpa loro, ma un po’ anche per colpa dell’Occidente ricco), come pure le conseguenze delle speculazioni della finanza spregiudicata. Le vere fonti di insicurezza nei prossimi decenni saranno: il declino dell’ ”impero” Occidentale e le piccole “guerre” o “primavere” lontane ma con effetti alle nostre latitudini, i cambiamenti climatici drammatici, con gli effetti sociali e ambientali che produrranno.

Più una società si sente esposta, più lo Stato viene indebolito, più sarà forte la fede infondata nel mercato, maggiori saranno le probabilità di contraccolpi politici. Infatti sorge il sospetto che, mentre ci culliamo ancora nell’idea che democrazia, diritti, liberalismo e progresso economico siano inestricabilmente legati, nella realtà “la gente” cerchi piuttosto un sistema politico che si basi su ordine e prevedibilità. Ma un regime autoritario è preferibile a uno democratico? Vogliamo più sicurezza sacrificando le nostre libertà conquistate col sangue? Chi vuol indebolire e minare la fiducia nelle istituzioni pubbliche si rende conto che la cittadinanza cercherà sostituti privati? E in passato, tra le istituzioni che pretendevano elargire fiducia e certezze, chi abbiamo trovato? Le religioni (fedi, comunità, dottrine), le mafie, gli ordini corporativi, i “partiti unici” di destra e di sinistra. Forme di tutela che tuttavia sono sempre andate solo a favore dei loro aderenti (dirigenti in primis) e spesso violentemente contro chi aderire non voleva, preferendo la propria libertà o dignità o integrità. Usciamo e andiamo, a caccia di perle invece di chiuderci nel nostro orticello.
 

Leave a Reply