Il contributo della Psicologia nelle Emergenze

La storia dell'emergenze (calamità naturali, guerre epidemie, ecc.) si affianca da sempre a quella dell'umanità e molte e diverse sono le fonti che documentano le riflessioni e le conoscenze sulle possibili cause e conseguenze. Recentemente queste si stanno arricchendo anche grazie al contributo della Psicologia sia per quanto riguarda lo studio e la conoscenza dell'impatto delle calamità sulle persone coinvolte che in riferimento all'intervento clinico a supporto delle stesse. In linea generale, gli interventi psicologici in Emergenza si propongono di dare supporto alle popolazioni colpite, alla comunità e ai soccorritori (forse dell'ordine, medici, vigili del fuoco, protezione civile, ecc..) in merito alle reazioni emotive, comportamentali e cognitive non solo in fase acuta ma anche a lungo termine. Permettono inoltre di prevenire lo sviluppo di disturbi psicologici successivi e di trattare sintomi o disturbi correlati allo stress post-traumatico.
Per tutti questi motivi è necessario che nei programmi di assistenza alle popolazioni colpite da un disastro vengano inclusi anche programmi di assistenza psicologica adeguata alla cultura dei luoghi di appartenenza (United Nations General Assembly Economic and Social Council, 2000).
In Italia un segnale importante in tale direzione è rappresentato dalla Direttiva del 13 giugno 2006 della Presidenza del Consiglio sui Criteri di Massima di intervento psico-sociale da attuare nelle situazioni di catastrofi. All'interno di tale direttiva troviamo infatti la scheda del triage psicologico a cui fare riferimento, che è stata già utilizzata dalla task force psicologica che ha operato nel caso dei due terremoti in Emilia nel 2012.
Lo stress traumatico è uno dei tipi peggiori di stress che una persona può affrontare perché gli eventi critici (siano essi dovuti a disastri naturali o provocati dall'uomo) sono eventi improvvisi ed inaspettati, che sconvolgono la sensazione personale di controllo, implicano la percezione di una minaccia e possono comportare perdite sia fisiche che emotive. Infatti, le reazioni emotive che caratterizzano un evento traumatico in genere si presentano come una sensazione sconvolgente di vulnerabilità, di impotenza o di perdita di controllo, unito ad emozioni di intensa paura e/o dolore. A volte sono tali da interferire con le capacità di funzionare sia al momento che in seguito.
Le fasi del trauma che una persona attraversa sono varie, vanno dall'iniziale reazione di allarme, allo shock o disorganizzazione mentale, all'impatto emotivo che colpisce entro un paio di giorni dall'evento. L'intensità delle reazioni tende a crescere e a calare successivamente nel tempo, con un picco durante le prime settimane, seguito da una riduzione graduale. Nel caso del terremoto questo può essere difficile a causa delle continue scosse per cui il sistema di allerta nel cervello tende a rimanere attivo. La fase di coping inizia quando l'individuo cerca di affrontare, comprendere, rielaborare l'impatto emotivo dell'evento, chiedendosi e riflettendo sulle cause, su cosa fare eventualmente per affrontare l'evento e sulle sue capacità di farlo. Poi si entra nella fase di accettazione e risoluzione (formulazione di pensieri adattivi come per es. "E' passato", "Sono vulnerabile ma non sono impotente", "Non posso controllare tutto, ma posso controllare la mia risposta") fino ad arrivare ad imparare a conviverci.
L'intervento psicologico nell'emergenza deve quindi seguire e tener conto delle fasi del processo di traumatizzazione.
Nella fase iniziale, il terrore o l'orrore dell'evento è così forte che non possiamo sentire tutte le emozioni in contemporanea a causa della loro intensità; per questa ragione il cervello tende a proteggere (dissociare) mettendo da parte alcune informazioni per occuparsene successivamente cioè quando lo stato di sopravvivenza viene recuperato e si emergerà dallo stato di shock. Le reazioni che in realtà proteggono da un crollo psicologico, sono:
Senso di irrealtà: si ha la sensazione di essere dentro a un film, come se ci si trovasse sotto a una campana di vetro, le scene si svolgono al rallentatore, i sensi sono acutizzati per fare una rapida valutazione dei pericoli presenti nella situazione, cercando delle vie d'uscita o altre soluzioni.
Reazioni fisiche: sono normali la tachicardia e il senso di nausea. In genere si sente caldo o freddo, oppure paura di stare da soli, bisogno di vicinanza, di un supporto e aiuto concreto.
Dopo un evento traumatico le reazioni comuni e assolutamente normali vanno dall'ipervigilanza, alla difficoltà di concentrazione, ai disturbi del sonno, a problemi di stomaco, nausea e stanchezza. Arrivano involontariamente pensieri, immagini di quello che è successo, soprattutto in momenti di rilassamento, per es. prima di dormire e si accompagnano a disagio. Si avverte un senso di disperazione: è difficile accettare quanto accaduto e non si riesce a pensare al futuro in modo adeguato. Viene colpito il significato che si attribuisce alla vita per cui si tende a pensare ripetutamente a quello che è successo per cercare di capire l'evento. Ricordiamo che queste sono reazioni normali ad un evento anormale. Non significa essere malati, deboli o altro e che la durata è diversa da persona a persona.
Queste reazioni non sono riscontrabili solo in chi ha vissuto in prima persona l'evento critico ma anche in chi vi assiste indirettamente per esempio leggendo le notizie o guardando le immagini in TV. E infine, non vanno dimenticate le categorie dei soccorritori (vigili del fuoco, forze dell'ordine, ecc..) e degli operatori sanitari e dell'emergenza.
Il supporto psicologico, nella fase acuta, deve essere mirato a stabilizzare, attenuare le risposte allo stress, normalizzare, mobilitare le risorse delle persone coinvolte, facilitando il recupero della loro funzionalità rafforzando le capacità resilienti insite in ogni individuo o gruppo.
Non tutte le persone che hanno vissuto eventi traumatici sviluppano sintomi o disturbi post traumatici. Molte sono le variabili in gioco tra cui: l'ampiezza, intensità e precocità dell'evento; le caratteristiche di personalità; il senso di vulnerabilità; la resilienza; la rete di relazioni affettive e sociali.
La resilienza è il processo di ripresa e riadattamento di fronte ad avversità, traumi, tragedie, minacce, o significative fonti di stress. Denota la capacità di mantenere la propria integrità fisica e psicologica di fronte ad un evento fortemente stressante. È paragonabile al sistema immunitario, che permette di far fronte alle emergenze e di combattere gli agenti patogeni fin dall'inizio. Questa non è una caratteristica che le persone hanno oppure no. Riguarda comportamenti pensieri e azioni che chiunque può imparare e sviluppare. Attraverso la resilienza vengono quindi attivati dei fattori di protezione per il benessere dell'individuo (risorse personali e ambientali).
Ogni crisi, ogni evento traumatico può essere causa o concausa di uno stallo emotivo o del precipitare di sintomi psicopatologici oppure, al contrario, può rappresentare una preziosa opportunità di crescita individuale o collettiva. Negli ultimi anni si è ampliato lo studio dei cambiamenti positivi, individuali e collettivi, innescati dall'aver esperito un evento a connotazione traumatica in riferimento ai quali viene usato il termine di Crescita Post-traumatica intendendo con essa la possibilità di arricchirsi e di trasformare un episodio negativo di vita in qualcosa di positivo, in uno stimolo al miglioramento, attraverso delle capacità che sembrano svilupparsi in stretta connessione con la riscoperta di una capacità di fronteggiare eventi anche molto critici.

Barbara Palaia
Psicologa, Psicoterapeuta, Esperta in Psicotraumatologia

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