Ictus, al via la remise en forme

Una metodica antica e collaudata ha trovato un'applicazione innovativa per la riabilitazione motoria dei pazienti cronici colpiti da ictus, la prima causa di disabilità in Europa e Stati Uniti. Sono stati appena pubblicati sulla rivista specializzata Neurology i dati di uno studio in doppio cieco (né paziente né medico sanno chi subisce il trattamento e chi il placebo) svolto dal Centro studi e ricerche in neuroscienze cognitive dell'Alma Mater di Bologna, in collaborazione con il dipartimento di psicologia dell'Università di Bologna e quello di medicina clinica e sperimentale dell'Università politecnica delle Marche. «La stimolazione magnetica trascranica, non invasiva per il cervello e indolore, è stata testata, in combinazione con la fisioterapia tradizionale, in un gruppo di 30 pazienti», ha commentato Alessio Avenanti, neuroscienziato del dipartimento di psicologia dell'Università di Bologna, «i miglioramenti, in coloro che sono stati trattati con la stimolazione e non con placebo, si sono rivelati significativi sia dal punto di vista della forza, sia della destrezza negli arti superiori colpiti dalla malattia».

Tutti coloro che hanno subito il trattamento completo, ossia riabilitazione e stimolazione magnetica transcranica, hanno migliorato del 50% le funzioni motorie originarie. «La riabilitazione tradizionale si rivela utile soprattutto nelle prime fasi post-evento ischemico, ma difficilmente riesce a migliorare in modo significativo il deficit nei pazienti cronici nei quali, dopo alcuni mesi e completata la fase di recupero, permangono disturbi di memoria, attenzione, linguaggio o mobilità», ha precisato l'esperto. La stimolazione è avvenuta non direttamente nella zona colpita, bensì inibendo la corteccia cerebrale dell'emisfero sano del cervello, così da permettere a quello danneggiato di lavorare meglio. «In condizioni normali i due emisferi sono sotto reciproco controllo inibitorio tra loro. In questa situazione, invece, quello sano non riceve più l'impulso inibitorio dall'altro e quest'ultimo non solo ha meno neuroni, ma subisce anche una maggiore inibizione», ha specificato Avenanti, «la stimolazione magnetica è infatti in grado di ridurre o aumentare l'attività in una zona ristretta del cervello. I pazienti che prima non riuscivano a scrivere o ad alimentarsi autonomamente alla fine del trattamento, durato due settimane, erano in grado di muoversi decisamente meglio e i risultati del trattamento combinato si sono mantenuti costanti nel tempo per i tre mesi di follow up». Nonostante lo studio prevedesse controlli solo fino a tre mesi, secondo gli esperti il permanere degli effetti benefici della terapia combinata potrebbe protrarsi ulteriormente, grazie al fatto che i pazienti riescono a muovere meglio gli arti colpiti e dunque sono portati a utilizzarli con maggiore frequenza. A tale riguardo, un altro dato emerso dallo studio mostra come gli effetti sul cervello tendano a mantenersi stabili grazie alla combinazione dei due trattamenti, stimolazione e fisioterapia, rispetto alla sola stimolazione. Attualmente è in fase di valutazione una sperimentazione che, sempre inibendo l'emisfero sano, si basa sulla stimolazione transcranica a corrente diretta, attraverso elettrodi che con debolissime correnti alterne sono in grado di alterare le attività sottostanti gli elettrodi. (riproduzione riservata)

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