I quattro modi di organizzare la mente

Una lettura costruttivista della personalità

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Le più recenti acquisizioni in ambito di psicologia portano a considerare l’essere umano come un costruttore di significati. Fin dalle primissime fasi dell’infanzia un bambino grazie alla sua intelligenza e al modo con cui è allevato e accudito inizia ad attribuire a ciò che esperisce un determinato significato. Da sensazioni ed emozioni ricorrenti l’essere umano si auto-organizza, dando della realtà che lo circonda una sua chiave di lettura che egli utilizza per condurre le proprie “scelte”.
Le organizzazioni a oggi individuate e che si possono quindi definire, di significato personale, sono almeno quattro. Ciascuna di esse ha come base un tema di vita particolare che si articola durante tutto l’arco della vita:
1. Il “bisogno di controllo della pericolosità esterna” è un tema basico di personalità in cui la realtà fin da piccoli ha assunto un significato di potenziale pericolo; basti pensare a quanti genitori tendono a proteggere i propri figli utilizzando comportamenti che li spaventano: “attento a non farti male!”, “non mettere le mani in bocca” e così via. Un modello di questo tipo genera l’idea di una realtà potenzialmente pericolosa e pertanto da tenere sotto controllo. Un soggetto che possiede un tema di vita di questo tipo può articolarlo in vari modi, dal diventare un esploratore solitario fino al rinchiudersi in casa per il pericolo che fuori gli capiti qualcosa d’incontrollabile.
2. La “necessità di appartenere a una categoria predeterminata” di persona, rappresenta un altro tema di vita che prende origine da un’educazione tutta improntata su norme e regole da rispettare, pena, il non essere degno di appartenere al genere umano. Si tratta forse di modelli genitoriali d’altri tempi, in cui un modello etico forte impediva certi comportamenti fuori dagli schemi e ritenuti immorali. Ora si possono riscontrare sotto altre forme meno legate all’aspetto moralistico dell’individuo, ma comunque molto normativo. Le categorie, “giusto-sbagliato”, “buono-cattivo”; onesto-disonesto” e così via sono dicotomiche a tal punto che diventa inaccettabile riconoscerle frammiste in una realtà più complessa come quella in cui si è immersi. Questo tema basico conduce la persona a scegliere stili di vita in cui le certezze categoriali siano più facilmente riscontrabili; nel caso in cui ciò non sia più possibile per qualche motivo contingente, non è difficile riscontrare tipologie di persone pervase da continui dubbi da sciogliere che possono diventare delle vere e proprie ossessioni.
3. Un tema di vita caratterizzato da un “bisogno di conferma e paura della disconferma personale” nasce dalla disabitudine di fidarsi di sé stessi fin da piccoli, per affidarsi completamente agli altri che diventano l’unico specchio su cui riflettersi, per sapere esattamente come ci si deve sentire in tutte le situazioni o circostanze. Una sorta di contesto-dipendenza che non abbandona mai la persona e la rende schiava del giudizio degli altri. Un’organizzazione simile può sentirsi vincente ed esprimersi al massimo possibile scegliendo una professione in cui questa esposizione comporti il plauso degli altri, nei casi in cui la vita o la famiglia abbiano generato un’immagine di sé perdente la persona tenderà a non esporsi al giudizio degli altri rimanendo in ombra in ogni occasione anche la più banale; il soggetto tenderà a non esprimere quasi mai opinioni o punti di vista ben precisi per evitare di non compiacere a tutti gli astanti. In molti individui che presentano un’organizzazione di significato di questo tipo esiste la tendenza a vivere emozioni e cambiamenti di stato interni percependo un senso di vuoto allo stomaco o di ripienezza che viene a determinare un comportamento alimentare conseguente alla sensazione provata, si potranno riscontrare così atteggiamenti bulimici o anoressici.
4. Il tema basico della “lotta” si genera da storie di vita in cui la deprivazione abbia raggiunto livelli estremi; figli rimasti orfani in tenera età e vissuti in Istituti, reduci di guerra, persone cresciute senza genitori perché abbandonati sono i protagonisti di un approccio alla realtà che si basa sulla lotta per la sopravvivenza anche quando questa non venga in alcun modo minacciata specialmente in un mondo in cui benessere e superfluo rappresentano la quotidianità. Queste persone sentono il bisogno profondo di riscattare la loro origine di deprivati e scelgono strade che consentano questo tipo di riscatto; capitani d’industria che partono da zero creando grandi fortune economiche, liberi professionisti capaci di successi a vari livelli senza essere mai paghi di ciò che ottengono. Il successo non è l’obiettivo piuttosto il timore di non ottenerlo è ciò che spinge la persona a vivere la vita in una continua lotta contro qualcosa o qualcuno. A volte può accadere che, paradossalmente, in seguito all’ottenimento dell’ultimo successo, non si ritrovi più il motivo di lotta, proprio questo rappresenta per questo tipo di organizzazione di significato la causa di profonde e autentiche depressioni difficili anche da curare, poiché il senso di non aiutabilità è un’altra delle caratteristiche tipiche di questi stili di personalità.

http://www.italiasalute.it/Psicologia.asp

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