Giovani registi impegnati nelle Città Visibili

Sabato, 13 Dicembre 2014 18:42


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L'autore
Maria Cristina Betzu



In inglese la definiscono “Serendipity”, l’arte di imbattersi per caso in qualcosa che non si stava cercando, si potrebbe tradurre così la felice coincidenza di scoprire che un gruppo di giovani nel ruolo di registi e sceneggiatori all’interno del progetto “Le Città Visibili”, ha saputo coniugare l’impegno di un tema controverso come quello dell’immigrazione con il cinema.

Il merito risiede nella collaborazione tra diversi attori della città di Trento: il Comune, il Piano Giovani di Zona, le Associazioni Sociocinema e Gioco degli Specchi, Trentino Trasporti, i socialcafè Barycentro e Bookique, casting, che insieme hanno creato una sinergia nel territorio condividendo idee e progetti.

Il corso, iniziato nel marzo 2014 e riservato a 15 partecipanti dai 18 ai 29 anni, italiani e stranieri, previo versamento di 15 euro per l’iscrizione, si è svolto mediante un laboratorio teorico-pratico di video-narrazione per la realizzazione di quattro cortometraggi e con lo scopo di creare uno spazio di confronto, dando uno sguardo ad alcune vie della città di Trento, tra le quali Piazza Italia, il quartiere delle Albere, Piazza Dante e via Verdi (ex via della Razionalizzazione).

I giovani inizialmente avevano ricevuto un compito dai registi del progetto, quello di camminare per la città, riflettere, elaborare le proprie idee e quindi proporre storie da raccontare. Il corso ha dato loro gli strumenti teorici e pratici per realizzare un cortometraggio: una prima parte sul linguaggio audiovisivo base e da luglio a settembre l’uso del software.

Tramite la visione di un film i giovani hanno appreso come costruire una sceneggiatura, alcuni trucchi del mestiere, l’analisi del mainframe, i sopralluoghi con i tutor e la fase di realizzazione durata due mesi e mezzo. Alla fine si sono scelti due luoghi sui quali puntare l’obiettivo, Piazza Dante e le Albere con 54 ore di formazione tenute dai docenti/registi Razi Mohebi e Soheila Javaheri e dalle Tutor Beatrice Segolini di Sociocinema e Cecilia Muscatella del Gioco degli Specchi.

Il 28 ottobre a Barycentro c’è stato il momento pubblico conclusivo di presentazione del lavoro svolto, sala accogliente e un folto pubblico, curioso di visionare le quattro opere finaliste: Elena Livieri con un reportage fotografico dal titolo “Le città visibili”, ed i tre cortometraggi “Giochi sull’acqua” di Martina Cicaloni, “Luce spenta” di Alex Scarpa e “Nel silenzio, ricado” di Chiara Romeo.

Incontriamo i quattro giovani finalisti al Cafè Bookique, dove si è svolto il casting per la selezione degli attori, durante il corso hanno potuto sperimentare una supervisione non invadente, lavorando con i registi afghani Razi e Soheila Mohebi, autori del film-documentario Afghanistan 2014, premiato anche a livello internazionale.

Due personalità molto interessanti quella della coppia con un figlio che da anni vivono a Trento con lo status di rifugiati politici, ma sono a tutti gli effetti una grande risorsa: Razi che dopo molte peripezie è riuscito a frequentare l’Università del Cinema di Teheran con una borsa di studio e dove ha conosciuto Soheila, che ha studiato Ingegneria elettronica e scrive sceneggiature.

Quando ha terminato il corso, Razi ha promesso che avrebbe insegnato e trasmesso il suo sapere ad altri, infatti da anni all’interno del progetto di Sociocinema vengono organizzati workshop per gli studenti di antropologia culturale, sociologia e psicologia sociale, che culminano con la realizzazione di un film. E queste competenze sono state donate anche nel progetto Le Città Visibili che ha messo in evidenza i quattro giovani.

Elena Livieri frequenta l’Università a Venezia ed è di ritorno da un anno di Erasmus ad Istanbul, la sua è una facoltà che già dal nome racconta molto del suo impegno: “Lavoro, cittadinanza sociale e interculturalità”. Dal suo percorso fotografico “Le città visibili” in bianco e nero, traspare ciò che vediamo della città coperto da pregiudizi, come il barbone ed i commenti della gente, i richiedenti asilo, il confronto tra il senso di vuoto nel quartiere delle Albere ed i dormitori affollati di senzatetto.

Martina Cicaloni è una studentessa toscana che studia a Sociologia e lavora come babysitter, suo padre è un fotografo e lei curiosa di sperimentare, si è candidata per il progetto perché non venivano richieste particolari competenze tecniche. Il suo video “Giochi sull’acqua” rappresenta una fiaba, dove re e regina cercano un posto vicino alla città per il loro figlio e costruiscono il Muse tra natura, prato e montagna. C’è una visione poetica e simbolica nelle immagini dell’altalena vuota, la regina invisibile, le statue, il parco.

Alex Scarpa è diplomato e già da sei anni lavora come impiegato, ha una grande passione per il cinema, che avrebbe voluto diventasse la sua vera attività. Poi un giorno casualmente entra in un bar e gli capita di leggere il bando del progetto, un caso e la sua determinazione gli offrono una bella opportunità. In “Luce spenta” il tema è l’emigrazione dei giovani verso l’estero, la voglia di cambiare e le difficili scelte da fare, lasciare il proprio paese e le proprie radici. Ha scelto come protagonista della fiction Francesca Oss per la sua forte capacità espressiva e di improvvisazione, il teatro è la sua seconda vita dopo lo studio.

Le scene si svolgono all’interno di un appartamento, una valigia pronta per la partenza, la lista delle cose da fare e tanti interrogativi: “Come mi troverò con il cibo di Londra? E gli amici? E’ sempre uno shock culturale anche se mi preparo”. Alla fine la protagonista esce con il suo trolly e si dirige alla stazione, ma non riesce a salire su quel treno che la porterebbe via. Alex vuole contrastare questo pessimismo indotto e creare qualcosa di nuovo qui. E’ una critica costruttiva a questo movimento di pensiero che genera scetticismo nei giovani.

Chiara Romeo ha frequentato con grande passione il corso di Laurea DAMS a Bologna, ed ora sta preparando la tesi sul cinema, rivestendo i diversi ruoli di aiuto regista, segretaria di produzione e aiuto sceneggiatura all’interno del progetto. Il focus del suo cortometraggio dal titolo leopardiano “Nel silenzio, ricado”, si sposta tra lo spazio vuoto e desolante delle Albere (eccetto il Muse) e la zona più contraddittoria della città, Piazza Dante, che accoglie chiunque, palazzi del potere, mercatino e persone senza fissa dimora.

Entra in scena la RAccatuM Band, un gruppo musicale e non solo, attivo insieme ai volontari di strada, il suono non esce dai loro strumenti se si trovano nel deserto del quartiere delle Albere, invece la musica si diffonde in Piazza Dante, ma solo per chi è disposto ad ascoltare. E’ una riflessione sul desiderio di vivere in modo diverso gli spazi della città di Trento, creando nuove relazioni di incontro, che si traduce in una dinamica diversa del suono.

Dopo questo anno di formazione trascorso insieme, questi giovani si augurano di ottenere altre opportunità di lavoro nell’ambito del cinema e perfezionare le loro competenze sviluppando la creatività nelle varie sfaccettature tecnologiche e culturali che offre questa arte in continua evoluzione.

“Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse” (Film L’attimo fuggente)

 

Maria Cristina Betzu

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