Giannini: il movente di Veronica

Roma - La chiave è tutta nel movente. «Il fatto che questa donna – se colpevole – riesca a non confessare nulla seppure torchiata per ore, trova la sua spiegazione solo nel movente. Scoperto questo, tutto sarà chiaro». Ne è certa Anna Maria Giannini, professore ordinario di Psicologia alla Sapienza di Roma, che ha seguito da vicino i grandi fatti di sangue degli ultimi anni. Veronica Panarello resta innocente, almeno fino a prova contraria, «ma certo contro di lei c’è il fatto che ha raccontato tante bugie, anziché fare di tutto per collaborare con chi cerca l’omicida del suo bambino».

Sembrava una donna fragile, sta invece dimostrando un’energia insospettabile.
Nella sua vita ci sono parecchi elementi di fragilità, a partire dal suo difficile rapporto con la madre che aveva avuto cinque figli da padri diversi, per arrivare ai due tentativi di suicidio, che evidenziano in lei spunti repressivi. Che la sua storia sia complessa, però, per ora è l’unico dato reale e di per sé non conduce al fatto che una persona sia un’infanticida. Il giorno in cui gli inquirenti scopriranno il movente o lei stessa lo racconterà, allora tireremo le fila.

Una mamma che sa di aver ucciso il proprio figlio, dove può trovare la forza per difendersi e negare?
Persino di fronte alle incongruenze più evidenti
questa donna non cede e ciò può essere spiegato in due modi: o è innocente, ma allora bisognerà che spieghi molte cose, oppure ha una tale concentrazione sul non raccontare un segreto, che le sue forze interne le consentono di non cedere. Mi spiego: se avesse ucciso spinta da una grande convinzione, ad esempio per proteggere un segreto, qualcosa che il bambino sapeva e non doveva raccontare perché per lei pericolosa, non confesserebbe mai. Diverso sarebbe il caso di un omicidio d’impeto: appunto solo il movente darà risposta.

L’uccisione del figlio è l’azione più innaturale e drammatica. Come si può arrivare a tanto?
Tutti noi per spiegare eventi del genere facciamo ricorso a schemi mentali che ci sono propri, ragioniamo cioè da persone che non ucciderebbero mai, attribuendo i nostri pensieri a chi invece lo ha fatto, non necessariamente a causa di patologie, più spesso per semplici alterazioni del comportamento. La maggior parte dei delitti sono eseguiti da persone che non presentano alcuna sindrome psichiatrica, eppure uccidono anche un figlio.

Pare che Loris fosse ancora vivo, quando è stato gettato nel canalone.
Se ciò fosse confermato, saremmo di fronte a un omicidio certamente non d’impeto: una madre che d’impeto avesse ucciso il figlio, uscita dal momento di follia controllerebbe subito gli effetti. Qui invece chi ha ucciso Loris ha lucidamente pensato a sbarazzarsene, senza nemmeno accertarsi se fosse morto. Questa mamma è una donna particolare, ha dato di sé immagini molto diverse: prima la disperazione, poi ha dimostrato una strategia, ha dato i laccetti alle maestre, ha cercato di dare una spiegazione per tutte le incongruenze, ha creato insomma un’impalcatura per proteggere se stessa.

Lei che segue tanti casi analoghi, che idea si è fatta?
È una donna che sa. Se non è stata lei, copre qualcuno.

Perché uccidere con un laccetto da elettricista?
La letteratura criminologica dimostra che nella condotta omicidiaria ci sono sempre spiegazioni, che però vengono comprese col tempo. La Franzoni a Cogne aveva posto in atto un overkilling, ossia aveva insistito con un numero abnorme di colpi anche se il bimbo era morto. Qui invece non c’è alcun accanimento, addirittura Loris era ancora vivo, e quindi qualcosa aveva dettato una 'necessità' di eliminarlo, una 'necessità' che la mente dell’omicida si era freddamente costruita. Difficile capire, perché le nostre sequenze logiche sono diverse, cose che per noi sono valori, che noi non faremmo, per l’omicida invece sono l’unica soluzione, in quel momento.

Ripensando ai casi di infanticidio, quando le madri prendono coscienza vera di ciò che hanno fatto che cosa succede?
Anche questo dipende dal perché lo hanno fatto. Se le cause sono emotigene, sono cioè legate al rapporto col figlio, al fatto che non lo accettano, di solito c’è un crollo e si rischia il suicidio. Ma se invece dietro la morte di Loris ci fosse l’esigenza di proteggere un segreto, rivelarlo adesso sarebbe ancora più grave. Le prossime ore saranno fondamentali: dall’immagine di madre vittima ora Veronica Panarello è percepita come possibile madre omicida e per lei è un terremoto, le cambiano tutte le prospettive eppure dovrà reggere come prima... O confessa nelle prossime ore o ne uscirà rafforzata, e allora non lo farà più.

 

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