Milano, 13 maggio 2012 - E' il primo e unico docente universitario in Italia, e probabilmente in Europa, di «Motivazione e crescita personale», che insegna alla facoltà di Psicologia di eCampus. Molti lo conoscono come «Stone», roccia, il suo nome da strada nei City Angels, l’associazione di volontariato che ha fondato a Milano diciotto anni fa. Ma Mario Furlan è, da diciotto anni, anche un «life coach», che si traduce letteralmente: «allenatore alla vita». E in questa veste debutta sul nostro Quotidiano.net, con un blog settimanale: Il Motivatore.
Cos’è un life coach?
«Una figura che in Italia è arrivata negli ultimi vent’anni. Nasce nel mondo anglosassone, nello sport: un coach che allena mentalmente gli atleti per prepararli alle gare. Poi l’applicazione si è allargata a tutti gli ambiti della vita».
Una specie di psicologo?
«Non esattamente, perché al contrario di una psicoterapia, che ha durata lunga e scava nel profondo, il life coaching è più pragmatico. Si concentra nel fare chiarezza sugli obiettivi di una persona».
Che tipo di obiettivi?
«Dai più banali, come affrontare una dieta, al superamento di alcune paure. Ad esempio, sono stato il coach di una signora che temeva il suo capo, era diventata una fobia».
Dunque un life coach aiuta a gestire meglio la propria vita. Come si diventa allenatori?
«In Italia il settore non è regolamentato, tanti s’improvvisano. Io ho intrapreso questo percorso quando in me è nato il desiderio di occuparmi di formazione. Sono un giornalista, ma scrivere della realtà non mi bastava, volevo cambiarla, così ho fondato i City Angels. Poi, per aiutare i senzatetto, lo ero quasi diventato anch’io, ero caduto in depressione. Così per riprendermi ho cominciato a leggere libri di psicologia, mi sono appassionato di coaching e motivazione. Poi ho preso un Ph.D. (un dottorato, ndr) negli Stati Uniti. Ma la cosa più importante in questo mestiere è l’esperienza».
Da quanto tempo lo esercita?
«In maniera continuativa da una decina d’anni»
Quanto dura un percorso?
«Quello che pratico io è un coaching molto breve. Si comincia con un incontro per conoscersi e capire se la persona vuole davvero cambiare: il coaching non ha senso altrimenti. Poi ci si vede altre cinque o sei volte, con frequenza settimanale o bisettimanale».
Chi si rivolge al life coach?
«In prevalenza giovani adulti, trentenni e quarantenni. E donne: sono meno frenate dal proprio ego».
Di cosa parla ai lettori del blog il Motivatore?
«Vorrei aiutarli a guardarsi dentro, fermandosi per qualche minuto nella confusione del quotidiano con articoli brevi e spunti di riflessione»
Viviamo tempi in cui c’è bisogno di motivatori.
«Sì, è un momento storico in cui la sfiducia, la paura, la mancanza di speranza a causa della situazione economica portano le persone a pensare: “Che sarà di me?”. Perciò bisogna più che mai darsi motivi per agire, per non lasciarsi vivere ma prendere in mano la propria esistenza».
di Giulia Bonezzi