Da Amata a “cosa in rovina”, psicologia e tormento di un abbandono

Abbandono viene, a puntino, dal provenzale bandon, bando, nel senso di vendre a bandon, all’asta pubblica. Anche indica un brusco distacco, una diserzione dal bandum, la bandiera. Nell’etimo delle parole si reperisce il destino delle cose. Chi nell’affaire Hollande è tradito e, per distratta vendetta, venduto alla pubblica asta, ai furori del gossip, alla derisione del popolo? Alla France Presse il presidente ha sancito “la fin d’une vie commune”, parola misera e quanto mai equivoca. Falsa: niente vi è in comune e di comune, soprattutto la vita. Il matrimonio non unisce, celebra la gloria della differenza.

Hollande lascia una donna o l’abbandona? La differenza è importante. Si abbandonano i figli, come nonostante la generosità del marito ferocemente fece Anna Karenina; si abbandonano i cani, i vecchi, ma un uomo o una donna? Li si lascia, sono capaci d’intendere, e molto, per lo più sono complici della fuga del partner, la propiziano. Quel che invece tramuta la rottura in abbandono è la mancanza di parola. Privare della parola una persona con cui si è vissuto, fatto l’amore, è trattarla da cane, peggio, abbandonarla sul ciglio del suo cammino senza una direzione, provocarle uno smarrimento foriero di disastri. Enea abbandona Didone o semplicemente la lascia per qualcosa di molto importante? Una donna circondata di cure e occasioni, una regina che si ammazza e fin nell’Ade disdegna d’incrociare lo sguardo del tanto amato, sembrerebbe non amarlo poi tanto. Poteva pensarlo tutta la vita, magari raggiungerlo. Ma anche Enea ha la sua colpa. Non si sottrae alla parola, ma sono parole di pietra. Dice di non voler fuggire alla chetichella, ma aggiunge: “Non ho mai portato fiaccole nuziali e steso alcun patto”. Male, malissimo. Denuncia così la propria avarizia e triste, legalitaria furbizia, quale Eliot ravvisa quando annota che Enea sa ribellarsi alle donne ma è schiavo del fato. Sicché Didone commuove quando dice di sentirsi “cosa in rovina e abbandonata”. Si abbandona per non abbandonarsi, ma anche l’abbandonata potrebbe abbandonarsi, abbandonare sé, quel che si crede di essere, per esempio una regina innamorata e abbandonata, e combinarne delle belle. Se non ci si abbandona addentrandosi nell’ignoto è per restare fedeli ai propri peggiori vizi, tra cui troneggia la viltà.

Tacere con una donna, considerarla indegna della nostra parola, questo è abbandono. Se costei si vendicherà con una sterminata e pepata biografia, sarà un contrappasso. D’altronde, che può Hollande offrirle quale simpatica consolazione? Certo non i quadri immortali con cui il feroce ma generoso Picasso lungi dal tacitare le donne che allontanava ne eccitava l’amore. Il destino di Hollande è quel che è. Ogni volta che passerà in rivista i granatieri d’Italia, i lancieri del Bengala, i cosacchi del Don, le guardie svizzere del Papa, gli parrà di scorgere nei loro volti marziali l’ombra di un sorrisino, a volte sprezzante a volte complice. A volte ne andrà fiero, a volte il presidente s’innervosirà. L’Autre Dame intanto preme, ghiotta di Elisée, ma chissà che nell’ombra un’Altra ancora non stia premendo e Julie Gayet sia in realtà già roba vecchia, e la Prochaine Dame sarà una nobildonna viennese incontrata a Bruxelles, la quale già ride beffarda dell’attrice com’ella rideva beffarda di Valérie che a sua volta sogghignava di Ségolène che fino all’ultimo implorava Hollande di sposarla, o almeno di fingere di chiederlo, per toglierla dall’imbarazzo con i quattro figli e i loro compagni di scuola. Ma attenta, nobildonna viennese, il mandato di Hollande è ancora lungo, la coda delle Femmes dans l’Ombre potrebbe essere infinita quanto le comete nel cielo, e tu trovarti solo la prima di un centinaio. Non dire che non sei stata avvertita, tu come tutte le altre. Il sadomaso l’ha inventato un vostro concittadino, sempre di gran moda nei salotti della capitale.

Resta l’immagine di Hollande che lasciata una dama corre dall’altra attraversando la città in motorino, zigzagando lieto, scherzando con la guardia del corpo con cui ha più confidenza che con tutte le femmes fatales del mondo. Si lanciano i bon mot, i bon bon, e a quel punto, costeggiando il Bois de Boulogne, il nostro eroe si sente libero, libero e giocondo, respira l’aria della sera e canta a squarciagola: “Non! Rien de rien / Non! Je ne regrette rien / Ni le bien qu’on m’a fait, / Ni le mal tout ça m’est bien égal!…”. Quando si sta male si ama la moglie. Quando si sta bene si ama l’amante. Quando si sta benissimo si ama solo se stessi.

Benini I segreti delle mogli felici in un bestseller americano: molti baci sulla bocca - Tiliacos La “rupture” di François Hollande è poco più di un tweet a un’agenzia

di Umberto Silva

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