Come capire gli altri al primo sguardo con la psicologia

Il famoso detto “l’abito non fa il monaco” sembra che abbia, come tutte le credenze popolari a cui bisognerebbe sempre dare credito, una valenza scientifica. Diverse le ricerche svolte in questo senso per capire quanto sia possibile, attraverso l’osservazione fisica di una persona, capirne la personalità e, quindi, comportarsi di conseguenza.Come capire gli altri al primo sguardo con la psicologia

Partiamo dal presupposto che esistono delle persone che hanno la prerogativa, a volte positiva altre assolutamente negativa, di saper fingere ciò che in realtà non sono. Sono le persone manipolatrici quelle che, anche per periodi di tempo relativamente lunghi, sono capaci di indossare una maschera a seconda delle situazioni e riescono in questo modo ad ingannare chi hanno di fronte. Sono quelle persone che, avendo capito chi hanno di fronte, e, soprattutto, cosa al loro interlocutore faccia piacere, riescono ad assumere comportamenti che ne suscitano interesse ed ammirazione.

Recenti ricerche hanno però scoperto che se queste persone si riuscisse a coglierle in un momento di spontaneità, verrebbero prontamente smascherate. Di solito la prima impressione che abbiamo di una persona è quella che conta a patto però, avvertono gli esperti, che riusciamo a coglierla in un momento di assoluta spontaneità.

Ad avallare questa tesi, una ricerca, condotta da psicologi dell’Università di Cambridge e dalla Washinghton University a St. Louis, i quali hanno sottoposto ad alcuni volontari le fotografie di 123 persone sconosciute e si è chiesto loro di esprimere un commento riguardo la loro estroversione, cordialità, coscienziosità, stabilità emotiva, autostima, solitudine, religiosità, e orientamento politico.

In seguito il giudizio di questi volontari è stato confrontato con l’autovalutazione che i soggetti delle foto avevano espresso e con le interviste fatte a coloro che li conoscevano bene. Il risultato è stato che, solo quando le fotografie erano state scattate in un momento di spontaneità, i giudizi erano risultati corretti nove volte su dieci.

Considerate anche che, a trarci in inganno, è anche l’abbigliamento. A questo proposito una ricerca svolta dall’Università del Maryland ha dimostrato che le persone più socievoli preferivano tessuti morbidi, i più aggressivi colori scuri. Si tratterebbe di segnali che il nostro inconscio riesce in qualche modo a cogliere. Per intenderci, se in tribunale un imputato sceglie colori scuri si sarà più propensi a credere alla sua colpevolezza; per lo stesso motivo i giocatori di calcio che indossano divise scure sono più spesso sanzionati.

Non a caso, se dobbiamo affrontare un colloquio di lavoro, se abbiamo un appuntamento con una persona che ci interessa, staremo decisamente più attenti a ciò che indossiamo.

C’è poi un’ultima considerazione fatta dagli esperti e che accomuna un po’ tutti noi: il fascino dell’uniforme. Una divisa, qualunque essa sia, ci pone in una condizione di inferiorità. Tutto ciò è stato dimostrato da una ricerca dell’Università dello Utah che ha evidenziato come chiunque tende ad ubbidire a chi si presenta in uniforme, a prescindere dalla sua funzione. L’esperimento effettuato ha utilizzato un uomo che invitava i passanti a dare degli spiccioli ad una persona ferma davanti ad un parchiemtro.

Ebbene, l’82% dei passanti ubbidiva quando a chiederlo era un vigile del fuoco, scendeva al 50% se la richiesta proveniva da un uomo in giacca e cravatta, fino ad arrivare al 44%, se a chiederlo era un mendicante.

Bisognerebbe stare molto attenti, quindi, a chi si ha di fronte come interlocutore, non fidarsi dell’apparenza e imparare a riconoscere i lupi travestiti da pecore.

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Il famoso detto “l’abito non fa il monaco” sembra che abbia, come tutte le credenze popolari a cui bisognerebbe sempre dare credito, una valenza scientifica. Diverse le ricerche svolte in questo senso per capire quanto sia possibile, attraverso l’osservazione fisica di una persona, capirne la personalità e, quindi, comportarsi di conseguenza.Come capire gli altri al primo sguardo con la psicologia

Partiamo dal presupposto che esistono delle persone che hanno la prerogativa, a volte positiva altre assolutamente negativa, di saper fingere ciò che in realtà non sono. Sono le persone manipolatrici quelle che, anche per periodi di tempo relativamente lunghi, sono capaci di indossare una maschera a seconda delle situazioni e riescono in questo modo ad ingannare chi hanno di fronte. Sono quelle persone che, avendo capito chi hanno di fronte, e, soprattutto, cosa al loro interlocutore faccia piacere, riescono ad assumere comportamenti che ne suscitano interesse ed ammirazione.

Recenti ricerche hanno però scoperto che se queste persone si riuscisse a coglierle in un momento di spontaneità, verrebbero prontamente smascherate. Di solito la prima impressione che abbiamo di una persona è quella che conta a patto però, avvertono gli esperti, che riusciamo a coglierla in un momento di assoluta spontaneità.

Ad avallare questa tesi, una ricerca, condotta da psicologi dell’Università di Cambridge e dalla Washinghton University a St. Louis, i quali hanno sottoposto ad alcuni volontari le fotografie di 123 persone sconosciute e si è chiesto loro di esprimere un commento riguardo la loro estroversione, cordialità, coscienziosità, stabilità emotiva, autostima, solitudine, religiosità, e orientamento politico.

In seguito il giudizio di questi volontari è stato confrontato con l’autovalutazione che i soggetti delle foto avevano espresso e con le interviste fatte a coloro che li conoscevano bene. Il risultato è stato che, solo quando le fotografie erano state scattate in un momento di spontaneità, i giudizi erano risultati corretti nove volte su dieci.

Considerate anche che, a trarci in inganno, è anche l’abbigliamento. A questo proposito una ricerca svolta dall’Università del Maryland ha dimostrato che le persone più socievoli preferivano tessuti morbidi, i più aggressivi colori scuri. Si tratterebbe di segnali che il nostro inconscio riesce in qualche modo a cogliere. Per intenderci, se in tribunale un imputato sceglie colori scuri si sarà più propensi a credere alla sua colpevolezza; per lo stesso motivo i giocatori di calcio che indossano divise scure sono più spesso sanzionati.

Non a caso, se dobbiamo affrontare un colloquio di lavoro, se abbiamo un appuntamento con una persona che ci interessa, staremo decisamente più attenti a ciò che indossiamo.

C’è poi un’ultima considerazione fatta dagli esperti e che accomuna un po’ tutti noi: il fascino dell’uniforme. Una divisa, qualunque essa sia, ci pone in una condizione di inferiorità. Tutto ciò è stato dimostrato da una ricerca dell’Università dello Utah che ha evidenziato come chiunque tende ad ubbidire a chi si presenta in uniforme, a prescindere dalla sua funzione. L’esperimento effettuato ha utilizzato un uomo che invitava i passanti a dare degli spiccioli ad una persona ferma davanti ad un parchiemtro.

Ebbene, l’82% dei passanti ubbidiva quando a chiederlo era un vigile del fuoco, scendeva al 50% se la richiesta proveniva da un uomo in giacca e cravatta, fino ad arrivare al 44%, se a chiederlo era un mendicante.

Bisognerebbe stare molto attenti, quindi, a chi si ha di fronte come interlocutore, non fidarsi dell’apparenza e imparare a riconoscere i lupi travestiti da pecore.

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