La giovane studentessa Marta Russo trovò la morte nel 1997 mentre passeggiava nei vialetti dell’Università la Sapienza in compagnia di un’amica. Ad ucciderla fu un proiettile sparato per gioco che le piombò alla testa togliendole per sempre la vita
Il 15 dicembre 2003 ad essere condannati per la morte di Marta Russo furono tre uomini tra cui Giovanni Scattone il quale venne condannato a cinque anni e quattro mesi di reclusione per omicidio colposo. L’uomo, ex assistente di filosofia del diritto, ha sempre dichiarato di essere innocente. Dopo 18 anni dalla morte di Marta Russo e dopo aver lavorato come supplente in un liceo scientifico, Scattone ha ripreso in mano la sua vita. Da quest’anno l’uomo insegnerà psicologia, scienze dell’educazione e filosofia in un istituto professionale di Roma e la notizia ha fatto sorgere già qualche polemica.
Come pubblicato dalla Repubblica.it, l’opinione pubblica è divisa a metà: “Con mia figlia all’università, mi metto nei panni della mamma di Marta Russo e dei genitori. E penso che, fra tutti i lavori che poteva scegliere, forse non era opportuno che facesse l’insegnante. Dall’altro lato, però, lui ha scontato la sua pena e non può essere stigmatizzato a vita” e ancora “C’è da dire che qui psicologia significa psicologia del turismoe che credo che ciascuno, una volta scontata la propria pena abbia diritto di riprendere in mano la propria vita. Certo, però, quello con i ragazzi è un lavoro delicato..”.
La mamma di Marta Russo è senza parole: “È assurdo che continui a insegnare. Non è la prima volta e ancora restiamo sconvolti. Non si può pensare che una persona del genere, che non ha neanche mai chiesto perdono, possa fare l’educatore. Tra l’altro con un posto fisso”.
Alcuni genitori degli studenti dell’istituto in cui insegnerà Scattone sono basiti ma per la Preside l’uomo ha tutto il diritto di insegnare poichè come tanti altri ha vinto un concorso: “L’ho appena scoperto e sono basita. Un po’ di paura ce l’ho e per questo voglio sentire al più presto cosa dice la scuola”.
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