Carceri, è emergenza suicidi

Attualità sabato 14 marzo 2015 ore 17:30

​La Toscana è la regione con il numero più alto di fenomeni di autolesionismo in carcere e di tentati suicidi sventati dagli agenti

FIRENZE — Il dato sconcertante è stato illustrato nel Convegno dell’Ordine degli psicologi della Toscana sul ruolo dello psicologo in carcere. La
Toscana è la regione con il numero più alto di fenomeni di
autolesionismo in carcere,1047 episodi, e di tentati suicidi sventati
dagli agenti,112. In Toscana sono 18
gli istituti penitenziari per una capienza regolamentare di 3437
persone. I detenuti, al 28 febbraio 2015 sono 3278 di cui 119 donne e
1535 stranieri. In Toscana ci sono 415 detenuti in attesa di primo
giudizio 271 condannati non definitivi e appellanti 271 e 148
ricorrenti. I condannati definitivi sono 2297, 113 gli internati. 

Il convegno è stato promosso dal Gruppo di Lavoro di Psicologia
Penitenziaria dell'Ordine degli Psicologi della Toscana, istituito nel
2014 per rispondere ad alcune problematiche che colpiscono i
professionisti operanti nel contesto inframurario nonché i detenuti e in
corso fino a domenica 15 marzo. 

 "Gli
episodi di suicidio dall'inizio di quest'anno – spiega il presidente
dell’Ordine degli psicologi della Toscana Lauro Mengheri - finiscono per
sollecitare la necessità di parlare dell'assistenza psicologica ai
detenuti, agli agenti e a tutti quanti operano nelle carceri. I suicidi
sono la più drammatica espressione di un’emergenza di cui sono complici
il sovraffollamento delle carceri, l'uso indiscriminato della soluzione
detentiva per affrontare problemi di natura sociale e psichica, la
presenza massiccia di persone in attesa di giudizio che si trovano a
vivere una condizione in cui sono totalmente assenti stimoli alla
crescita personale e requisiti essenziali di vivibilità"

"E' opportuno che chi lavora in determinati ambiti sia
formato per lavorare, come nel caso della psicologia penitenziaria -
aggiunge Mengheri - il futuro e' nell'interazione fra i singoli enti e
quindi negli accordi interistituzionali, anche con il garante per i
detenuti". 

"A fronte di tanti datori di lavoro e obiettivi
professionali, ancora oggi lo psicologo in carcere non raggiunge una
visibilità istituzionale ufficialmente riconosciuta: il singolo
lavoratore si trova esposto a una composita realtà lavorativa,
all'interno della quale pochi professionisti riescono a raggiungere una
stabilità contrattuale lavorativa" – ha concluso Enzo Benelli
coordinatore del gruppo di lavoro Psicologia penitenziaria OPT .

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