Attacchi di panico: come gestire il cervello che dice bugie

Con la consulenza del prof. ROSARIO SORRENTINO, neurologo, fondatore e direttore dell'IRCAP (Istituto di Ricerca e Cura degli Attacchi di Panico) di Roma. È anche Direttore Scientifico dell'Istituto di Neuroscienze Globali ISNEG, membro dell'Accademia Americana di Neurologia (American Accademy of Neurology). www.rosariosorrentino.it


Paura di un pericolo imminente. Paura di morire, di impazzire e di non riuscire a superare un ostacolo più grande di sé. Tutti questi possono essere i sintomi dell’attacco di panico, una malattia sempre più diagnosticata. Nel nostro Paese le stime parlano di circa 2 milioni di pazienti affetti da un disturbo al circuito nervoso, oggi perfettamente guaribile.

L’origine dell’attacco

Le cause scatenanti della malattia variano da persona a persona, così come le sue manifestazioni. Per quest’ultime, c’è chi accusa un’eccessiva sudorazione accompagnata da brividi, diarrea, vertigini, formicolii agli arti e la classica sensazione del “tuffo al cuore”. Agli attacchi, spesso si accompagna la fobia degli spazi aperti o affollati, dove agli occhi del paziente sarebbe più imbarazzante e difficile ricevere aiuto. Durante l’attacco poi, che può avere una durata anche di 20 minuti e oltre, il paziente si desensibilizza e depersonalizza, come se il panico avesse la meglio sul suo autocontrollo. Tuttavia “la principale reazione resta la paura irrazionale - spiega il neurologo Rosario Sorrentino - un inganno del nostro cervello che ci convince d’essere in pericolo anche quando non lo siamo”. Un chiaro campanello d’allarme può essere la convinzione di poter morire o impazzire da un momento all’altro senza una concreta ragione. Altro segnale è l’interpretare i sintomi in maniera estrema. Per esempio, un battito accelerato, un capogiro o la sudorazione agli occhi quando accadono a una persona soggetta a disturbi da panico, a lui sembreranno eccessivi e insopportabili. Tanto da aver paura dell’evenienza che in futuro si ripetano tali manifestazioni.

 

Un pericolo in rosa

La popolazione dei pazienti affetti da disturbi di panico è soprattutto femminile. A spiegare questo dato ci sono varie ipotesi, a cominciare dalla componente ormonale. Durante la fase premestruale, infatti, si è riscontrato in molti casi una probabilità maggiore per le pazienti di subire un attacco. Inoltre il duplice fronte di stress (casa e lavoro) può essere considerato per le donne un fattore che varia il livello serotonina. Senza dimenticare poi che la popolazione femminile ha incrementato negli ultimi due decenni la dipendenza dal fumo di sigarette, una delle principali cause dei disturbi d’ansia.

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