Apatia: se la conosci la eviti



Sei italiani su cento soffrono di apatia e sostengono di vivere in maniera poco gratificante. è quanto emerso da un’indagine coordinata dal Centro Nazionale di Epidemiologia e Promozione della Salute dell’Iss  e condotta in 138 Asl tramite interviste telefoniche. Ma di che cosa si tratta esattamente? Quali sono i sintomi di questa patologia che ci toglie la voglia di fare e l’entusiasmo, trasformandoci, talvolta addirittura in una specie di automi? E che cosa fare per ritrovare passione e stimoli perduti? Ne abbiamo parlato con la professoressa Angelica Moè, docente di Psicologia della Motivazione e delle Emozioni presso l’Università di Padova:

Che cos'è l'apatia e come si manifesta?
Assenza di “pathos” cioè di passione, emozioni, sentimenti, desideri, attrattiva è questo il significato etimologico del termine.
L’apatia è caratterizzata, infatti, da una evidente immobilità fisica, mentale, progettuale e creativa.  Spesso tutto ciò è accompagnato da un vissuto emotivo “spiacevole” che comporta sofferenza interiore.

Ci sono situazioni in cui diventiamo facile preda dell'apatia?
Attività ripetitive, persone poco stimolanti, routine o ambienti monotoni tendono ad annoiarci rendendoci, così, apatici.
Al tempo stesso, dobbiamo però accettare l’idea che l'apatia, come ogni forma emotiva, non è insita nelle cose e cioè intrinseca a situazioni, persone o ambienti, ma è dentro di noi e pertanto va affrontata soprattutto attraverso una riflessione e un agire su di sé.

È una "patologia" che si sviluppa più frequentemente in determinate fasi della vita? È più diffusa al maschile o al femminile?
Si sa che il giovane tende ad essere più irrequieto e impulsivo rispetto alla persona di mezza età. Stando a questa visione, in parte indotta dalla nostra stessa società, sarebbero più inclini all'apatia le giovani generazioni ancor più se di sesso maschile. Questo perché adolescenti e giovani uomini hanno un rischio maggiore di percepire l’ambiente come scarsamente stimolante. E' evidente che ciò non dipende da una loro predisposizione all'apatia, ma dal fatto che necessitano di parecchi stimoli per sentirsi vivi. Se questi mancano, o meglio, se non vengono attivamente ricercati, facilmente si può divenire preda dell’apatia. E' importante quindi mettersi sempre in gioco, anche nelle situazioni più monotone e noiose.

Che cosa fare concretamente per combattere l'apatia?
Ecco un possibile vademecum:
a) avere degli obiettivi importanti per sé ed impegnarsi attivamente nel perseguirli
b) individuare e vivere soluzioni creative anche delle situazioni apparentemente più abituali o meno ricche di stimoli
c) impegnarsi mentalmente, meglio se anche attivamente, sviluppando, per esempio, interessi e hobbies, preferibilmente in una dimensione sociale, che è di per sé stimolante
d) far emergere le proprie caratteristiche nei vari ambienti in cui si vive
e) non essere noiosi con se stessi e con gli altri
f) non aspettarsi che sia il mondo a cambiare o non credere che le cose andranno sempre così. Noi dobbiamo fare il primo passo perché il pathos torni a fluire nella nostra esistenza e in chi ci sta vicino

Quando l'apatia diventa campanello d'allarme di una situazione più grave, da tenere sotto stretto controllo?
In casi particolari l'apatia può nascondere una sofferenza più profonda legata a una sintomatologia di tipo depressivo caratterizzata da poche emozioni positive, auto-svalutazioni, ridotto livello di energia e scarsa progettualità. Altre volte può essere sinonimo di una forma di ostilità repressa: “sono così arrabbiato che non reagisco, anzi neppure investo emotivamente”. Infine in alcune situazioni l'apatia nasconde delle forme d'ansia eccessive che hanno l’effetto di condurre a un blocco emotivo e di azione. Si tratta comunque di casi particolari che solo un esperto può correttamente individuare per poi intervenire con adeguate strategie.

È un fenomeno diffuso nel nostro tempo?
E' un fenomeno noto da tempo e diffuso fin dall'antichità. A cambiare sono semmai le manifestazioni.  Oggi l'apatia può risultare mascherata. Un’agenda fitta d’impegni, per esempio, può nascondere una profonda sofferenza o il tentativo di fuggire da un vuoto emotivo. Il suggerimento è quindi quello di chiedersi sempre il perché di ciò che si fa. Se la risposta è sul versante “fuga” è probabile che dietro si nasconda una tendenza all'apatia.  L'apatia può, inoltre, essere favorita dal ridotto contatto sociale a sua volta imputabile all'ambiente in cui si vive (anonimo, sovra-affollato, dove si sta “fra” la gente, ma non “con” la gente) o alla tipologia di relazioni, spesso superficiali oppure, addirittura, virtuali.

La crisi economica, il lavoro precario hanno un impatto sul nostro essere apatici?
Qui entra in gioco la resilienza e cioè la capacità di un corpo (o di una persona) di piegarsi senza spezzarsi. Di fronte a delle difficoltà, infatti, una persona può reagire, dimostrandosi, quindi, resiliente o soccombere e arrendersi. E’ molto più probabile che nel secondo caso, caratterizzato da  uno stato più passivo o comunque rassegnato, si sviluppi l’apatia.  Di nuovo a fare la differenza non sono gli eventi, ma come li interpretiamo e viviamo. La vita può essere subita (da cui l’apatia, ma anche la rabbia, il senso di alienazione…) o affrontata.
A rendere resiliente una persona non sono i suoi geni ma l’avere obiettivi importanti, una sorta di mission, e percepire il controllo sulle situazioni (pensare che il proprio agire faccia la differenza). Anche l’avere una rete sociale di supporto e soprattutto una persona stabile di riferimento da cui trarre nutrimento emotivo, è senza dubbio di grande aiuto.

 

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