Aloma – Mercé Rodoreda

Aloma è un breve romanzo giovanile poi rimaneggiato della scrittrice catalana Mercé Rodoreda, appena pubblicato dalla sua casa editrice italiana, La Nuova Frontiera. Un romanzo bellissimo, pur nella sua breve ma convincente intensità.

La Rodoreda riesce a costruire la psicologia di una ragazza semplice, dalla vita sfortunata, in una plumbea periferia di Barcellona negli anni trenta, con poche ma profonde pennellate che ne disegnano il profilo interiore. Aloma è rimasta orfana da bambina e vive ora nella casa paterna con il fratello maggiore Joan, sua moglie Anna e il loro piccolo Dani, il bambino che ha preso il nome di Daniel, l’altro amatissimo fratello morto suicida in quella stessa casa a diciotto anni. Aloma appare come una moderna Cenerentola: pulisce, spazza, cucina, cura il nipotino, esce pochissimo, non ha amiche né relazioni e l’incipit del libro ne chiarisce subito le tendenze, quando afferma ”L’amore mi fa schifo”. Aloma prova l’unica gioia intima nel giardino di casa, il suo luogo preferito, quello che più le appartiene: aranci, roseti, gelsomini, gelsi, glicini sono i suoi compagni preferiti; il cancello di ferro che cigola la rassicura; un grillo, una gatta, un pipistrello sono animali che le fanno compagnia nelle notti estive... La sua vita monotona viene scossa dall’arrivo improvviso di Robert, fratello della cognata Anna: un uomo misterioso, poco comunicativo, che viene dall’Argentina e del quale si ignora il motivo della sua sistemazione presso i parenti né si sa quanto durerà il suo soggiorno. Aloma e Robert sono quasi subito fortemente attratti l’uno dall’altra e tutti i propositi della ragazza vanno in fumo di fronte alla passione che la travolge. Ma la tempesta si addensa sulla famiglia e nulla dopo, sarà più uguale a prima: pochi avvenimenti drammatici distruggeranno speranze, illusioni, sicurezze.

Il personaggio di Aloma domina su tutti: sembra che la scrittrice la voglia raccontare nelle pieghe più intime dei suoi rancori, delle sue speranze deluse, nella consapevolezza che per le donne c’è solo abbandono e solitudine, delusione e umiliazione. Gli uomini in questo racconto sono disprezzati e derisi, le donne, sfortunate, sembrano tuttavia la parte più sana e vigorosa di una società, quella catalana degli anni precedenti la Guerra Civile del ’36, anni di miseria, di fallimenti, di emigrazione. La Rodoreda si presenta ancora una volta come la scrittrice capace di descrivere con pochi precisi particolari ambienti, atmosfere, sentimenti che si propongono al lettore con una chiarezza straordinaria. Davvero esemplare la scrittura nell’ultimo capitolo del libro, quando Aloma si chiude per sempre alle spalle il cancello del suo giardino:

“Prima di uscire in strada, passò le dita sul ferro del cancello. Il ferro del cancello – pensò – lascia un senso di fresco sui polpastrelli. ….Si strinse con forza le mani perché non le tremassero tanto. Le strade erano tranquille. Da un muro pendeva un rosaio senza rose. Lontano, il rumore sordo della città, ragazze che affrontavano la vita, senza illusioni.”

Per chi ama la letteratura alta, la scrittura intensa e raffinata, la capacità di analisi e la costruzione perfetta del romanzo, un lettura da non mancare dell’autrice giustamente paragonata a Virginia Woolf.

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