Agorafobia significa letteralmente “paura degli spazi aperti”. Si tratta però di qualcosa che va ben oltre a questa definizione. L’agorafobia è infatti una forma di ansia che si viene a creare in situazioni o luoghi non necessariamente aperti, ma che si trovano lontani da casa, che viene considerata da chi vive questa fobia, come un rifugio.
Chi soffre della sindrome agorafobica può temere di trovarsi all’aperto da solo o in mezzo alla folla, ma anche di viaggiare in treno o in auto, di fare la coda davanti ad uno sportello o fare la spesa.
Da cosa è causato questo disturbo? È scatenato da una serie di fattori sia esterni, come i luoghi di ritrovo all’aperto, ma anche al chiuso come bar, cinema e piazze, che interni, che dipendono principalmente dalla psicologia della persona.
Alla base di questo disturbo, che diventa tale solo quando è ricorrente, c’è quasi sempre un profondo disagio interiore, che porta la persona che ne soffre a sentirsi costantemente.
L’agorafobia causa paura nel soggetto che ne soffre e innesca così un circolo vizioso da cui si riesce ad uscire a fatica e che spesso sfocia in pericolosi attacchi di panico. Capita spesso infatti, che questi disturbi sono associati. Alcuni studi, poi, hanno ipotizzato anche una predisposizione genetica, che in qualche modo aumenta il rischio di sviluppare un disturbo correlato al panico.
Chi soffre di agorafobia, generalmente, ha la tendenza ad evitare situazioni percepite come potenzialmente pericolose o ostili. Per chi ne soffre non è facile parlarne; lo si tende a riconoscere come qualcosa di umiliante nei confronti del mondo esterno. Questa mancanza di accettazione e di accoglimento delle proprie debolezze, purtroppo non permette di comprendere la portata del disturbo, ed è l’ostacolo più potente alla guarigione.
L’agorafobico corre il rischio di abusare di ansiolitici, che rischiano di innescare una forte dipendenza; in questo modo il soggetto non riesce a vedere altra via d’uscita al di fuori degli ansiolitici.
Ma come si può curare l’agorafobia? I migliori risultati ottenuti nel trattamento di questi disturbi si riscontrano nell’uso combinato di farmaci e psicoterapia. Gli ansiolitici possono essere molto utile nella prima fase del trattamento del paziente, ma una volta sperata questa prima fase, è necessario abbandonarli progressivamente.
Tra i vari metodi a disposizione per la cura dell’agorafobia è molto interessante l’approccio della terapia emotocognitiva, che permette una remissione dei sintomi di breve durata, con un’aspettativa molto alta di efficacia. È stata messa a punto dallo psicologo Marco Baranello e si basa sullo sblocco del nucleo centrale della persona agorafobica, il cui problema principale è una forte ansia anticipatoria che genera a sua volta quello che in psicologia emotocognitiva viene definito loop disfunzionale.
Lo studio e la cura dello psicologo Baranello hanno valutato le cause scatenanti del disturbo senza però andare alla causa inconscia, ma esaminando il modo in cui il soggetto si organizza in funzione del sintomo. La cura, basata su un colloquio psicologico, ha il compito di scardinare tali processi ansiosi, trasformando il loop disfunzionale in un processo funzionale.
Insomma, gli ansiolitici non sono affatto il metodo ideale per combattere questo disturbo, è bene affidarsi a metodi alternativi efficaci.
Sara Mariani