Un team di ricercatori italiani, sotto la guida di Leonardo Fogassi e Pier Francesco Ferrari del Dipartimento di Psicologia e di Biologia Evolutiva e Funzionale dell’Università di Parma, ha potuto dimostrare che nella corteccia premotoria ventrale del macaco, un’area che è omologa all’area di Broca dell’uomo (l’area che è coinvolta nel controllo motorio della fonazione), esistono dei neuroni che si attivano in maniera specifica durante la vocalizzazione della scimmia.
Lo studio è stato portato avanti per numerosi anni grazie al ricercatore canadese Gino Coudè che lavora da alcuni anni presso il Dipartimento di Neuroscienze dell’Ateneo di Parma.
«Lo studio è stato particolarmente lungo e difficoltoso» spiega il ricercatore canadese «perché in genere le vocalizzazioni delle scimmie sono di natura emozionale, cioè le emettono quando sono in una situazione di stress e pericolo o quando sono particolarmente eccitate, ad esempio alla presenza di cibo.
Noi abbiamo sfruttato questa loro tendenza spontanea e abbiamo incentivato, tramite del cibo, a emettere alcune di queste vocalizzazioni. Dopo alcuni mesi le scimmie dimostravano di essere in grado di avere un controllo, seppur parziale, della vocalizzazione».
A questo punto è iniziata la ricerca dei neuroni da parte degli scienziati (all’interno del gruppo hanno collaborato allo studio i seguenti ricercatori: Rozzi, Maranesi, Rodà, Borelli, Veroni e Monti).
I neuroni scoperti da Gino Coudè e dai suoi collaboratori si attivavano in maniera specifica quando la scimmia emetteva delle vocalizzazioni, che tecnicamente si chiamano coo-calls, e che vengono emesse normalmente in presenza di cibo. Tuttavia gli stessi neuroni non si attivavano per simili vocalizzazioni quando associate ad emozioni.
Lo studio si è dimostrato particolarmente complesso da un punto di vista tecnico e laborioso nelle analisi. Inoltre le reazioni degli esperti che hanno valutato il lavoro sono state spesso conflittuali. Alcuni sono rimasti totalmente entusiasti, mentre altri molto sorpresi, e quasi increduli, nel vedere i risultati. Alcuni commenti di noti linguisti ed esperti sul linguaggio sono già apparsi sui siti stranieri.
In passato altri studi avevano dimostrato che il linguaggio umano e la fonazione sono completamente diversi dalle vocalizzazioni dei nostri cugini scimmieschi. Secondo la visione tradizionale il linguaggio umano si è evoluto attraverso un percorso non meglio definito in cui, a un certo punto dell’evoluzione, alcuni nostri antenati ebbero un qualche vantaggio nel comunicare e controllare in maniera volontaria i gesti e le vocalizzazioni. Tuttavia gli studi sul cervello ci hanno sempre detto che le scimmie sono in grado di emettere dei suoni solo grazie a strutture profonde del cervello. Le strutture che controllano le emozioni.
Come spiega Pier Francesco Ferrari «questo studio rappresenta una punto di rottura con la visione teorica dell’evoluzione del linguaggio, e ci permette di capire come già nei nostri cugini, da cui ci siamo separati alcuni milioni di anni fa, le strutture neurali della corteccia cerebrale deputate al controllo della faccia e della laringe abbiano un ruolo nel controllare la fonazione, sebbene non così importante come nell’uomo».
Quest’area del cervello è stata ampiamente studiata dal gruppo di Parma, e già in passato proprio in quest’area erano stati scoperti i neuroni specchio. Alcuni dei neuroni specchio studiati in precedenza rispondevano ai gesti comunicativi, suggerendo quindi che quest’area del cervello fosse già predisposta a diventare un’area non solo per il controllo dei movimenti della bocca finalizzati all’ingestione del cibo, ma anche per il controllo della comunicazione gestuale e vocale.
Questi studi hanno inoltre implicazioni importanti da un punto di vista clinico. Infatti, la comprensione più profonda del funzionamento di queste strutture cerebrali ci permetterà di capire meglio i possibili deficit neurologici che sono spesso associati a lesioni della corteccia premotoria.