IVREA. I primi trecento completeranno la formazione entro l’anno. Il progetto è cominciato a settembre e riguarda tutti gli operatori dell’area medica di tutti gli ospedali dell’Asl/To4 ovvero medicina generale, geriatria e lungodegenza. Poi l’iniziativa - che coinvolge quindi medici, infermieri e operatori sociosanitari - sarà ampliata alle chirurgie. Per una volta si parla di sanità, all’Asl/To4, ma non sotto il profilo dell’organizzazione dei servizi o di numeri delle attività e costi relativi, ma di una formazione legata a un nuovo approccio psicologico che punta a rafforzare, capitalizzare e far crescere il rapporto struttura-pazienti.
Anna Maria Padovan è counselor in psicosintesi transpersonale. Libera professionista, è laureata in scienze e tecniche psicologiche e insegna in vari corsi di laurea in Infermieristica e scuole di counseling. In anni di studi e progetti ha messo a punto il metodo Iara, acronimo che sta per Incontro, Alleanza, Responsabilità e Autonomia, tutto raccontato in un libro (Il modello Iara,Prendersi cura di sè, Editrice Psiche, 158 pag., 15 euro).
Nella sostanza, è un modello di azione che serve da un lato agli operatori, per cambiare approccio nei confronti delle persone ammalate, e, dall’altro, agli stessi pazienti, perché sono invitati a mettere in campo le proprie potenzialità interiori e creative per un percorso di consapevolezza e di azione diretta nel recupero del proprio equilibrio e benessere. Non sono sole, in questo percorso, le persone assistite perché questo metodo punta a far stringere un’alleanza con gli operatori sanitari per arrivare ad avere consapevolezza e autonomia. Padovan è colei, quindi, che porterà all’Asl/To4 il metodo Iara. Ha già cominciato gli incontri con gli operatori, divisi a gruppi, nel mese di settembre: «Ci sono incontri e poi un periodo per mettere in pratica il metodo e poi altri incontri. Bisogna immaginare il tutto come un percorso che, mano a mano che cresce, coinvolge un numero di persone sempre maggiore in un percorso virtuoso». Il punto, in estrema sintesi, è concentrarsi sulla persona e il gruppo di cura che cerca di far emergere i potenziali presenti in ciascuno per attivare percorsi di cura. «La focalizzazione - aggiunge - non deve essere sulla malattia, ma sulla persona assistita, sulla ricerca per fare in modo che possa raggiungere una propria autonomia». Il modello riprende i principi della psicosintesi e della psicoenergetica di Roberto Assagioli: conosci, possiedi, trasforma te stesso. In una parola: vita e rinforzo dei principi in realtà già alla base delle professioni sanitarie, motivazione attraverso lo stimolo delle qualità positive che, a prescindere dalle difficoltà di contesto (sia dentro che fuori l’azienda, naturalmente) esistono e possono essere potenziate con creatività e con risultati concreti. Dopo quattro mesi, girando per le strutture sanitarie, già in alcuni reparti si vedono i primi segnali di Iara, con nuove parole e scelta di nuovi linguaggi.
Il fatto che il modello Iara non entri nel merito dei processi organizzativi in quanto tali non significa che, secondo gli studi, applicando un approccio diverso orientato sulla persona e puntando sulla polarizzazione dell’impegno e della consapevolezza nel rapporto con l’operatore, non si abbiano benefici importanti sia in termini di rapidità di recupero, che di migliore percezione di tutto il processo di malattia e di cura. Ergo, se il metodo applicato funzionerò, di un utilizzo minore e migliore del tempo che può avere, quindi, anche effetti economici. Il direttore generale dell’Asl/To4, Lorenzo Ardissone, è quello che ha voluto portare nelle strutture il modello Iara. Per lui, umanizzazione e ascolto non devono essere slogan vuoti: «Nell’atto aziendale abbiamo sottolineato di voler realizzare un sistema orientato nella sostanza al cittadino. E questo, secondo noi, passa attraverso questo modello che umanizza i rapporti tra persone e operatori e contribuisce a rafforzare il lavoro d’équipe all’interno dell’azienda, mettendo in gioco e facendo crescere il confronto professionale e umano e cercando di valorizzare il potenziale di ciascuno». Il progetto, tra l’altro, si
avvale della collaborazione del corso di laurea in Infermieristica dell’Università di Torino che, attraverso tutor clinici, studenti e operatori coinvolti, già punta al miglioramento di un’assistenza personalizzata e al coinvolgimento di persona assistita e dei familiari nel percorso di cura.