Riunione con Pizzi su psicologia arbitrale e comunicazione
Francesco Leone - 10/11/2014, 15:45
Sezione di Catanzaro
Il dottor Angelo Renato Pizzi, Responsabile del modulo Biomedico del Settore Tecnico dell’AIA, è stato un gradito ospite della Sezione di Catanzaro ed, in occasione della riunione tecnica del 24 ottobre, ha svolto una lezione di grande interesse davanti ad una sala gremita in ogni ordine di posto.
La prestazione dell’arbitro di calcio, alla luce della relazione di Pizzi, non si esaurisce all’aspetto tecnico ed atletico; la perfetta conoscenza del regolamento e un’ottima preparazione atletica, secondo la stimolante analisi dell’arbitraggio fornita dal relatore, costituiscono, infatti, il presupposto indispensabile per una buona prestazione arbitrale. Dirigere una gara con equilibrio, ovvero sapendo padroneggiare gli impulsi e gli istinti per giudicare con obiettività, presuppone, oggi, anche una preparazione psicologica e comportamentale. Arbitrare bene una partita significa anche sapersi fare accettare e saper fare accettare gli inevitabili errori. Tale concetto, ha precisato Pizzi, non vuol dire, ovviamente, cercare il consenso dei giocatori, dei dirigenti o del pubblico. Fondamentale, pertanto, risulta, per un’ottima direzione, la capacità di comunicare dell’arbitro.
Il relatore ha puntualizzato, all’attenta ed interessata platea, che le persone comunicano in maniera verbale, ovvero mediante l’utilizzo della parola, nonché in modo non verbale. Orbene, Angelo Pizzi, sulla scorta di tale fondamentale premessa, ha illustrato le mille sfumature e l’importanza della comunicazione non verbale per la prestazione arbitrale. Gli elementi fondamentali della comunicazione non verbale sono la postura, i gesti, lo sguardo. All’uopo, il relatore ha fornito un dato molto interessante: oltre l’80% della comunicazione tra uomini, alla luce di studi specifici, è costituito da uno scambio di sguardi; solo il 10 – 15% della comunicazione è percepito con le orecchie.
Comunichiamo, quindi, con l’espressione del viso, la postura, i gesti (il nostro aspetto esteriore, l’abbigliamento, costituiscono il nostro biglietto da visita) e la prossemica. Quest’ultima, è stato sottolineato, ha un forte potere comunicativo, in quanto costituisce, in estrema sintesi, la distanza fisica tra due persone durante la comunicazione, verbale e non verbale. Il dottor Pizzi ha specificato che, alla luce degli studi antropologici svolti, abbiamo quattro “zone” interpersonali: la distanza intima (0 – 45 cm); la distanza personale (45 – 120 cm); la distanza sociale (1,20 – 3,50 metri); la distanza pubblica, oltre i 3,50 metri. La distanza che deve rispettare l’arbitro, durante la sua prestazione, è quella sociale.
Per quanto concerne, invece, la comunicazione verbale dell’arbitro (ma anche nella vita), Pizzi fornisce tre particolari e fondamentali suggerimenti: occorre sapere cosa comunicare; bisogna sempre tener presente a chi ci rivolgiamo; occorre sapere come lo facciamo (utilizzo del tono della voce; la velocità; il volume della voce).
Il relatore ha concluso il suo intervento rimarcando il seguente e fondamentale concetto: l’arbitro deve distruggere due miti: la perfezione, in quanto non esiste prestazione o gara perfetta; che non ci sia nulla da fare per migliorarsi; nella vita e nell’arbitraggio ci possiamo sempre migliorare. Il dottor Pizzi, infine, ha invitato tutti gli arbitri a coltivare i loro sogni.
I lavori dell’interessante e formativa riunione sono stati conclusi dal dottor Pasquale Fedele, associato della Sezione di Catanzaro e componente del modulo Bio Medico del Settore Tecnico, il quale, a suggello della relazione di Pizzi, ha rammentato uno dei presupposti indefettibili della prestazione arbitrale: la cura della preparazione atletica.
Nelle foto, in alto i relatori dell’incontro, in basso gli associati presenti.
Supplemento on-line della rivista "L'Arbitro" (aut. Tribunale di Roma n. 499 del 01/09/1989)