Il movimento oculare accompagna il processo di formazione e di recupero dei ricordi. È così che funzionano i nostri occhi quando devono ricordare le informazioni archiviate nella memoria a breve termine. Il nostro cervello memorizza le informazioni sistemandole ordinatamente da sinistra a destra. E quando dobbiamo recuperarle dalla memoria, esploriamo lo spazio mentale muovendo gli occhi nella stessa direzione. Esplorare lo spazio mentale è possibile secondo una ricerca dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con l’Università di Zurigo pubblicata sulla rivista Cognition.
I ricercatori hanno analizzato i movimenti spontanei degli occhi sia quando memorizziamo sia quando ricordiamo le informazioni della cosiddetta memoria di lavoro, quella a breve termine. Utilizzando il sistema EyeSeeCam, un sistema ad infrarossi che cattura la posizione degli occhi, hanno registrato i movimenti oculari spontanei per studiare le strategie di visualizzazione interna che 10 partecipanti allo studio hanno messo in atto per svolgere alcuni compiti di memorizzazione richiesti.
Dall’analisi dei movimenti oculari è emerso che i partecipanti ricorrevano a una strategia visiva ben definita per ricercare nella memoria le informazioni. In particolare, gli occhi si muovevano da sinistra a destra in base alla posizione del numero da ricordare, a suggerire non solo che le sequenze ordinate sono organizzate spazialmente nella nostra memoria, ma che muoviamo gli occhi anche per esplorare lo spazio mentale.
«Questi risultati – spiegano Luisa Girelli e Luca Rinaldi, autori dello studio e rispettivamente associato di Psicobiologia e Psicologia Fisiologica e dottorando di ricerca presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca -mostrano quindi come il nostro cervello si avvalga di strategie visuo-spaziali per codificare e rappresentare dell’informazione puramente verbale. L’informazione memorizzata, infatti, viene rappresentata spazialmente dal nostro cervello e gli occhi orienterebbero la nostra attenzione proprio lungo tale rappresentazione. Sembrerebbe dunque che gli occhi vengano utilizzati come uno strumento attivo per ricercare nella memoria informazione recentemente appresa e disposta in “scaffali” spazialmente ordinati».
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